UN PIANO ANTI-EROSIONE: MA CON QUALI TECNICHE?
Si rischia la totale distruzione. E’ tempo di studiare
E’ stato sicuramente un inverno impietoso, quello che ha frustrato quasi tutte le speranze di non veder sparire un altro importante pezzo di duna costiera sulla riviera tra Latina e Sabaudia. Le tempeste di vento si sono ripetute impietose ed hanno flagellato quel che ancora resta di uno dei monumenti naturali più importanti e più antichi della
nostra Italia. Chi giudica lo stato residuo dell’arenile pontino dalla ancora presente ampiezza della spiaggia – giudicandola soddisfacente – non tiene conto che si tratta di una spiaggia nuova, fortemente arretrata rispetto al confine originario col mare, che ha progredito nella sua marcia verso l’interno. La duna ancora regge perché non è un “pezzullo” di duna alto al massimo 2 metri e profondo qualche decina di metri. La nostra duna ha punti che superano i 10 metri di altezza e una ampiezza (da sponda a sponda) che un tempo era anche di oltre duecento metri. Volete rendervi conto di quanto il mare è avanzato verso l’interno? Basta guardare i bunker che i tedeschi innalzarono sulla duna nel 1943, per fronteggiare eventuali sbarchi alleati (che poi ci furono ad Anzio-Nettuno).
Quei bunker sorgevano sul punto più alto della “vecchia” duna ormai scomparsa. Oggi si trovano al centro della “nuova” spiaggia rimasta dopo che il mare ha rapinato milioni di metri cubi di sabbia e li ha trasportati al largo. Guardate dove frangono le onde, dove si è fatta la “secca”. Stiamo ormai a centinaia di metri al largo. E se andate a controllare la spiaggia di Fondi Lido e di Sperlonga, vi accorgerete che qui le “secche” (sono più di una) si trovano ancora più al largo. A Fondi c’era un po’ di duna, ma inferiore a quella di Latina-Sabaudia, mentre a Sperlonga la duna era circa la metà di quella vicina. Anche a forza di costruire. Quelle ”secche” sono in buona parte sabbia proveniente dalla duna di Latina-Sabaudia, che la corrente dominante e stabile (che va in direzione ovest-est e quindi trascina i carichi asportati dalle onde lontani decine di chilometri) ha qui trasferito. Solo che è sabbia che resta al largo e non rinfoltisce quella sottratta anche a
Fondi-Sperlonga.
Ormai, se i politici dedicassero un paio di ore del loro tempo ad uno studio fondamentale fatto dalla Regione – l’unico studio regionale – parlerebbero con un linguaggio molto meno saccente e molto più informato di quanto non facciano oggi, quando si affidano ai maledetti “pennelli” che hanno in pochi anni devastato l’arenile di Latina tra Foceverde e Capoportiere. Quando si decise di mettere a mare il primo “pennello” fu facile oracolare: avrebbe distrutto spiaggia a est; e allora ne misero un secondo, che aumentò l’erosione verso est; e poi un altro, sicché ora l’erosione è arrivata a “mangiare” spiaggia e a minacciare strutture fino alla zona degli alberghi. E siccome gli alberghi debbono essere preservati (giustamente) si progettano altri pennelli (qualche pezzo “soffolto”, si dice); ma non si conosce quale piano vogliano stendere su quella spiaggia che rimane.
Non sono un tecnico, ma seguo l’espansione dell’erosione marina dal 1966, quando una mareggiata notturna si portò via in una notte mezzo viale Europa a san Felice Circeo; e poi divorò anche a spiaggia verso Terracina, perché i proprietari di case vollero difenderle con colate di massi di pietra, che hanno fatto il resto.
Non sono un tecnico, dicevo, ma seguo questi fenomeni da quasi 60 anni e la vecchiaia mi porta a dire solo ai giovani ed inesperti politici di oggi: leggetevi questo studio della Regione Lazio: ” Studio generale sul regime delle spiagge laziali e delle Isole Pontine”. E’ composto di due volumi, che analizzano tutto ciò che deve sapersi. Lo firmò come presidente della Regione l’ingegnere Gabriele Panizzi nell’aprile del 1985. E lo coprì con una legge di finanziamento dei lavori da farsi con urgenza ma in più anni. E furono fatti. E furono salvate la nuova strada lungomare di San Felice Circeo, la spiaggia già erosa verso Terracina, la spiaggia di Terracina, quella di Vindicio a Formia, e si mise uno stop alla erosione che sta facendo saltare la lungomare Latina-Sabaudia.
Leggete questo studio, e magari lo rilegga anche la Regione Lazio e ritiri quell’obbrobrio tecnico-naturalistico che prevede che ogni Comune può fare quello che i suoi politici preferiscono. Ignorando che la costiera è unica e va trattata allo stesso modo. E invece si è costruito un mostruoso avamporto a Rio Martino che si insabbia con la sabbia erosa dal mare verso est; e nello stesso tempo ne sottrae migliaia di metri cubi che dovrebbero andare verso est e verso Sabaudia.
Vestite i panni della modestia, signori politici e leggete le cose ben fatte. Forse è l’ultima occasione.