Archivio per Maggio, 2016
31 Maggio, 2016 - Nessun Commento

I GRAFFITI SUL TEVERE DI KENTRIDGE ARTE CONTRO BANCARELLE E IGNAVIA

 
la lupa di kentridgeIl Tevere dovrebbe essere una straordinaria risorsa anche come "struttura" di servizio urbano di Roma. Resta, invece, sempre un apparato di estrema periferia al centro della Capitale d'Italia che in questo modo dimostra di essere solo una entità provinciale. Il caso più evidente è costituito dai graffiti che l'artista sudafricano William Kentridge ha realizzato con un autentico colpo di genio sugli altissimi muri che fiancheggiano e contengono il biondo fiume. Si tratta di colossali raffigurazioni di alcuni episodi della plurimillenaria storia di Roma, dalla Lupa di Romolo e Remo fino alla Dolce Vita di Federico Fellini. La genialata viene dal fatto che per realizzare le sue opere Kentridge non ha fatto ricorso alle vernici, ma solo ad un’opera di pulizia dei muri. Questi sono abitualmente coperti – da bianchi di pietra che erano all’origine – da una patina nera e consistente fatta di muschi, licheni, smog, che li ha resi neri e tetri e che danno il senso dell’abbandono e dello sporco. Kentrige ha pensato che togliendo via la patina nei punti opportuni – anziché aggiungere vernici da graffitari qualsiasi – avrebbe raggiunto un doppio risultato: realizzare opere d’arte; ed eseguire una operazione di igiene urbana. Ed ecco, quindi, che chi scende sulle banchine che costeggiano il Tevere si trova davanti – tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini – una parata di opere di grandi dimensioni (parecchi metri in altezza e larghezza), che suscitano stupore e ammirazione.
Roma dovrebbe essere grata, dunque, ad un artista che si è speso al meglio e che ha realizzato anche  una curiosità che si aggiunge al gigantesco patrimonio di storia e cultura di quella che è stata la Capitale del mondo intero. E, invece, che cosa è accaduto? Che è stata autorizzata una parata di bancarelle che, restringendo la banchina lungofluviale, riducono al visitatore la capacità di percepire ad adeguata distanza tutta l’imponenza delle varie figure effigiate grattando lo sporco e mettendo in luce il bianco della pietra sottostante. Una piccola e volgare operazione di bottega che ha involgarito un segno artistico proprio là dove poteva essere tranquillamente evitato. Ma non basta.
Kentridge non ha ricevuto neppure l'onore di una pulizia delle ripide e lunghe scale che conducono dal Lungotevere fino alla banchina. Per scenderle bisogna turarsi il baso, perché sono autentici orinatoi. Non solo:; appena si scende l'ultimo scalino, se non si sta attenti si rischia di essere travolti da una bicicletta o da un runner o da un jogger che percorrono numerosi la pista pedonale-ciclabile che inizia proprio dove finiscono le scale. Non è un solo cartello che indichi il pericolo. E infine: nessuno ha pensato che un’opera strana e importante come quella di Kentridge avrebbe meritato la spesa di qualche euro per istallare frecce direzionali e indirizzare i turisti e gli stessi romani in modo adeguato. Se non sai chi è Kentridge e che cosa ha fatto, non vedi nulla. Al Comune di Roma non frega niente. Che peccato!
30 Maggio, 2016 - 13 Commento

Lutto in casa Colacicco, muore la professoressa Morelleschi

Un grave lutto ha colpito l’ex Segretario Generale della Provincia di Latina, il dottor Francesco Colacicco. Nella tarda mattina di oggi, presso l’Ospedale Civile di Latina è morta la moglie professoressa Ester Pia Morelleschi, insegnante in pensione. Il dottor Colacicco, che è stato Segretario Generale in diversi Comuni ed anche Segretario Generale della Provincia di Roma, nonché rappresentante nazionale sindacale dei Segretari Provinciali, esperto in diritto amministrativo e sindacale, originario di Minturno e  residente da anni a Latina, ha seguito il rapido evolversi negativo delle condizioni di salute della moglie, che era rimasta vittima di un incidente domestico e poi colpita dal micidiale bacillo del Clostridium che l’ha  debilitata e quindi uccisa.

21 Maggio, 2016 - Nessun Commento

LA MOSTRA A VENEZIA
DI ALDO MANUZIO DA BASSIANO

aldo manuzio mostraE’ valsa davvero la pena spendere due giorni a Venezia (malgrado pioggia e vento) per una visita alla mostra che le Gallerie dell’Accademia hanno dedicato all’arte e all’intelligenza di Aldo Manuzio, tipografo artistico, editore, umanista, nato a Bassiano nella metà del Quattrocento e morto a Venezia, sua seconda o terza patria, nel 1516. Il grande pregio della mostra lo riassumo, secondo la mia personale esperienza, in due fattori: la qualità del materiale esposto, tipografico e artistico (è anche La Tempesta di Giorgione, oltre a qualche Tiziano, Tintoretto e Palma il Giovane e altri grandi firme di quel periodo); e la chiarezza ed esaustività del nostro Virgilio meccanico, che ci ha guidati con un racconto dal quale non siamo mai riusciti a staccarci attraverso le teche e le vetrine che fanno di questa mostra un esemplare, un modello.

Forse a soffrirne è stata solo la passione per il campanile, nel senso che nessun cenno è stato riservato alle origini laziali e lepine di Aldo, nato in una non modesta casa della medievale cittadina collinare di Bassiano, pochi chilometri di distanza dalla città di Latina, una settantina di chilometri a sud di Roma. Qui Aldo ebbe i natali, e poco discosto da qui ebbe i primi e fondamentali rudimenti del sapere, ospitato a Sermoneta presso quella corte dei duchi Caetani che erano l'unico faro di cultura in unì’area dominata in pianura dalla Palude Pontina. La generosità dei Caetani vide lungo in quel giovanissimo, del quale percepì l’ingegno che lo avrebbe portato prima a Roma (e Romanus si fece chiamare, prima di adottare il suo vero aggettivo topografico, il patrio Bassianas) , poi a Ferrara, Carpi, forse Milano e infine nella Venezia grande spugna attrattiva dei commerci con il vicinissimo oriente e protesa sull’intero Adriatico a seminare la sua cultura architettonica e artistica che ancora oggi segna le già italiane coste dell'Istria e della Dalmazia. A Venezia Manuzio divenne tipografo, collettore dai mercanti e dai letterati provenienti dalla Turchia e da altri Paesi dei testi di Aristotele e di numerosi letterati romani e di derivazione latina.

Venezia divenne il centro pulsante di un'arte della editoria che, avvalendosi della grande invenzione di Johannes Gutenberg della prussiana Magonza , i caratteri a stampa mobili, ne massimizzò l’uso e lo ingentilì attraverso la creazione dei caratteri del bolognese Griffo e del corsivo inventato da Aldo Manuzio. Oggi le opere originali i Aldo Manuzio non hanno un valore commerciale, tanto costerebbero, ma non lo hanno perché chi possiede l’Hpnerotomachia o il De Aetna, per dire due edizioni diverse; o chi possiede un libro di preghiere con miniatura personalizzata da grandi artisti dell’epoca, difficilmente se ne priva. Tutto questo splendore di libri, nella loro massima espressione di arte editoriale, si trova esposto nella mostra, dagli originali in folio ai sedicesimi, trentaduesimi e persino sessantaquattresimi: puliti, eleganti, rilegati da sogno, una cosa da lasciarci il cuore e gli occhi se si amano i libri.

Approfittatene prima che la mostra chiuda.

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