
1/COME LATINA ATTENDE I SUOI 100 ANNI
CITTA’ INCLUSIVA? CITTA’ VIGILATA?
Gli Immigrati. Latina sta vivendo gli ultimi cinque anni prima di raggiungere l’età di 100 anni, data in cui potrebbe cominciare davvero a chiamarsi Città, non solo per abitanti, ma anche per continuità della sua comunità. Che, peraltro, si sta rinnovando proprio in questi ultimi tempi con un ritmo e una “qualità” non sempre proprio
soddisfacenti. E piantiamola, una volta tanto, di tirare in ballo gli “Immigrati” ai quali si addossano tutte le colpe possibili (sfaticati, perditempo, antiestetici, piccoli o grandi criminali, sporcaccioni, ecc. ecc.) senza far caso ai nomi italiani dei piccoli e grandi criminali e/o vandali che commettono reati o distruggono o danneggiano beni pubblici e privati, che poi si attribuiscono agli immigrati. E senza dimenticare che anche l’Italia “esporta” migranti. E lo fa ininterrottamente da oltre 150 anni. Verso l’”America”, l’Europa, l’Australia, e anche l’Oriente.
Latina non è una città “inclusiva” come vorrebbe far credere e come davvero essa crede quando diventa pavonessa davanti allo specchio. Agli immigrati non offre nulla ed anzi smonta le panchine sulle quali cercano di riposare nella giornata o di notte; non offre che un limitato numero di alloggi per ripararsi dal gelo, dalle piogge invernali o dall’afa spietata d’estate.
Non offre un punto in cui i meno fortunati possano sfamarsi con un pezzo di pane. Il Comune “delega” alla Chiesa di Latina l’onere di mantenere in vita con mense, con l’opera delle varie Caritas, con la generosità dei singoli un lavoro che dovrebbe essere tipico di una città ”inclusiva” e umana.
E si prepara in questo modo a diventare “città dei cento anni”, beneficiando anche di una legge ad hoc, deliberata con l’evidente proposito di compiere un atto “politico” di riconoscimento di un ormai defatigante cliché che riconduce ai soliti miti di fondazione, che solo pochi si sforzano – per spirito di obiettività storica – di ricondurre entro i limiti di una operazione dovuta a chi abitava,
negli anni Venti del secolo scorso – sopraffatto dalla miseria, dalla ricerca della sopravvivenza, da una maledetta malaria, dai monopolisti della terra, dalla palude – a soli settanta chilometri da Roma, capitale del nuovo regno d’Italia.
Una città sciatta e sporca. Ma non c’è solo questo di discutibile nel modo in cui la nostra Città del Centenario si sta preparando ai fuochi d’artificio. A chi la guarda, essa appare in abbandono, sfatta, brutta e sporca, colma di rifiuti che essa genera ma non sa smaltire, priva di Vigili Urbani (un sindaco di altri tempi, Nino Corona, sognava il “vigile di quartiere”): oggi di Vigili ce ne sono un pugno, legittimamente impossibilitati a fare tutto quello che dovrebbero fare. Eppure ce n’erano…
Che fine hanno fatto i Vigili di un tempo? Si dice che siano stati tutti riciclati dietro comode scrivanie degli uffici comunali, in quanto vittime di malattie e di acciacchi che impedirebbero loro – con
tanto di certificato medico di inidoneità al “lavoro su strada” – di adempiere al dovere per il quale essi furono assunti per pubblico concorso. Vi pare soddisfacente per una Città che si avvia a
festeggiare i suoi primi 100 anni? Spazzini e aiuole. Ma non di soli Vigili è carente Latina. Essa ignora un mestiere, umile ma necessario: quello degli spazzini, anzi
netturbini. Se le strade sono sempre sporche, anche se passano costosi mezzi meccanici chiamati (invano) a spazzarle, non si può non parlare dei marciapiedi: anch’essi sporchi, incrostati, coperti di resti di chewing gum, invasi da erbe, scavati, scassati, immondi, pericolosi, dissestati dalle radici di alberi, devastati da buche, riparazioni mal fatte, privi delle mattonelle, pieni di buche: e chi ne ha più ne metta. Conto circa 3 spazzini per una città di oltre centomila abitanti, la seconda del Lazio. Sono tutti concentrati nell’Isola Pedonale. Alcuni anni fa ne vidi uno all’imboccatura nord di via Epitaffio. Forse si era perso.
E chiudiamo il capitolo con le aiuole. Aiuole? Ma sono fetenti depositi di escrementi di cane, di bottiglie lasciate da ragazzi, di cartacce: tutto questo non viene tolto neppure quando – circa due
volte l’anno – vengono falciate, portando alla luce questo deposito nascosto di sozza immondizia.
Ricordo che il sindaco Delio Redi (forse qualche secolo fa) emise un’ordinanza che infliggeva sanzioni pecuniarie ai proprietari di cani che non accompagnassero i loro animaletti muniti di sacchette per raccogliere lo sterco. Dell’ordinanza si sono perse le tracce nella gestione “ordinaria” di questa città. (continua)