Archivio per Gennaio, 2015
28 Gennaio, 2015 - Nessun Commento

CENTO ANNI FA, UNA CATTIVA PACE OGGI SITUAZIONI RIBALTATE E IGNORATE

 Alexis Tsipras           ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis

Alexis Tsipras ANSA/AP Photo/Thanassis Stavrakis

Proviamo a parlare di “guerra di Europa”, dopo la vittoria di Tsipras in Grecia. A sintetizzare al massimo (passando attraverso le contestazioni italiane, francesi e spagnole, oltre che elleniche, alla politica del rigore tedesco) la Germania è la “responsabile” della situazione di “stallo armato” perché non tiene conto delle diverse esigenze dei Paesi del Sud Europa. E non si sposta di un passo. Da un punto di vista di rispetto delle regole, sembrerebbe che essa abbia ragione. Dal punto di vista della storia, forse dovrebbe ripensare al suo stesso passato, a parti invertite. Vediamo perché.

La fine della I Guerra mondiale contiene, ormai per unanime valutazione, le ragioni della II Guerra mondiale. Nel desiderio di vendicarsi della Germania, le Nazioni europee vincitrici e che più hanno sofferto il conflitto (Francia e Gran Bretagna) impongono a Versailles una pace micidiale: vogliono “asfaltare” la Germania, imponendole il disarmo totale e una serie di obblighi economici gravosissimi (la Francia mette in conto anche la fornitura gratuita di alcune centinaia di migliaia di pali di legno!). Il dopoguerra tedesco è economicamente miserabile, politicamente agitato e sfocia in una spaventosa inflazione (un litro di latte costa centinaia di milioni di marchi) e in agitazioni politiche che, piano piano, portano a galla Hitler, il riarmo (tollerato) e una politica aggressiva e vendicativa. E la II Guerra mondiale. Ce n’ è quanto basta per dire (come dice la critica storica) che la pace ha prodotto una ricetta deleteria. Dovrebbero rifletterci (oggi) la Unione Europea e la stessa Germania. E, invece, le cose si ripetono a parti invertite.

La Germania impone alle Nazioni più deboli (il Sud Europa) un’ austerity che esse non riescono a gestire. Nelle Nazioni Europee in sofferenza si creano eccessivi disagi economici, sociali e politici, che portano a “ribellioni” contro la c.d. “Troika”, ossia contro la politica di austerity. La Germania, dimenticando quello che ha passato e subìto (e fatto subìre) con la II Guerra, va avanti nella sua strada-. In Grecia vince la sinistra estrema, che si allea con la destra (una evidente contraddizione logica) per contestare la UE, minacciando di non rimborsare il proprio debito o, addirittura, di uscire dallo Euro. Cioè, un patatràc.

Perché gli economisti e i politici tedeschi non si interrogano su questa situazione che, ribaltando le posizioni di 100 anni fa, rischia di distruggere quanto di buono si è fatto sul piano della unità continentale attraverso uomini di lunga vista e di tutte le estrazioni nazionali (il tedesco Adenauer, Alcide De Gasperi, il francese Robert Schumann)… (punto interrogativo), e facendo sempre più invecchiare il nostro povero “vecchio continente”.

16 Gennaio, 2015 - 1 Commento

IL LAZIO “SOTTO” LA CAMPANIA
RIVINCITA DI FRANCESCHIELLO

Francesco II di Borbone visita le devastate batterie della piazzaforte di Gaeta, ultima capitale del suo regno (gennaio 1861).

Francesco II di Borbone visita le devastate batterie della piazzaforte di Gaeta, ultima capitale del suo regno (gennaio 1861).

La vendetta si serve fredda, dice un cinico motto. I Borboni di Napoli potrebbero consumare la loro dinastica vendetta contro l’ Italia Unita, usufruendo degli stessi strumenti di cui quella si serve per fare le proprie riforme istituzionali. Il tutto grazie ad una curiosa e inspiegata iniziativa di due deputati che triturerebbero il Lazio in tre sottoregioni: una da accorpare al nord (Toscana, Umbria), una da lasciare (microscopica e presuntuosa: Roma Capitale) e una (il Lazio sud, Frosinone e Latina) da accorpare alla Campania. Vi è della nostalgia in quest’ ultima idea. Franceschiello (Francesco II di Borbone, ultimo re di Napoli, che, malgrado il nomignolo irridente, non si batté male dagli spalti di Gaeta contro i Piemontesi) farebbe salti di gioia nel suo avello, constatando che con un colpo “unitario” la sua Campania “metterebbe sotto” il Lazio e riconquisterebbe tutto quel territorio che gli fu sottratto con la guerra per l’ Unità d’Italia, conclusasi a Gaeta nel 1861; e si vendicherebbe anche del fascismo, che nel 1926-27 soppresse la provincia di Caserta (Terra di Lavoro) e “annetté” alla provincia di Roma tutti i comuni campani che andavano da Castelforte a Monte San Biagio, inclusi Formia, Gaeta, Minturno, Fondi ecc. ecc. Coloro che dal secondo dopoguerra si stanno vanamente battendo per costruire una nuova provincia laziale spaccando in due l’ attuale provincia di Latina e creando una provincia meridionale aggregata a Cassino, vedrebbero riconosciuti i loro sforzi che iniziarono nel settembre 1944, tre mesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con una richiesta partita da Formia e diretta al Governo in cui si rivendicava persino la “diversità di razza” tra i “pontini” e gli “aurunci”. Di razza aveva parlato, come qualcuno ricorderà, anche il fascismo con le leggi del 1938 contro gli Ebrei. Una lugubre rievocazione di cui nessuno si pentì. Conclusione: speriamo che ce la caviamo, e che se le macroregioni dovranno modificare la geografia istituzionale, le scelte siano altre. Non mi va di dire tutte le possibili ragioni, perché rischierei di essere frainteso. Ma una sola la vorrei citare: lasciate in pace questo povero Lazio, perché subisce da sempre periodici smembramenti e accorpamenti. Ora che ci stiamo abituando a chiamarci “laziali”, lasciatecene la soddisfazione.

9 Gennaio, 2015 - Nessun Commento

PINO DANIELE: NELLA SUA BIOGRAFIA ANCHE I RICORDI DI FORMIA E SABAUDIA

pinoQuando si è diffusa la notizia della sua morte, mio figlio – che tecnicamente appartiene anagraficamente agli adulti maturi, padre di famiglia – mi ha stupìto dicendomi: “Quando ho sentito quello che era successo, mi si è cancellata la gioventù”, spiegandomi poi che Pino Daniele era la immagine di quella gioventù idealizzata, della quale il cantautore era il logo. Ed è andato a cercare nella collezione di 33 giri (vinile allo stato puro) i suoi dischi. Ma forse questa operazione è stata di mia figlia, anche lei adulta matura, anche lei come il fratello con figli ormai sulla via di uscire dalla adolescenza.  Io pensavo che quella raccolta di dischi, già sostituiti dagli odierni cadaveri delle antiquate “cassette” musicali e dai CD mantenuti (per ora) ancora in vigore sonoro, fossero miei: Strauss e i valzer di un mondo che si era perduto già cento anni fa e più; quasi tutto Wagner, jazz, Vivaldi, decine di altri “classici” eterni o di tendenza (come ignorare Beethoven, Mozart, Von Karajan e Pollini, pop-folk americano, il primo 33 di Star Wars acquistato in una vetrina di novità appena uscite acquistato in qualche aeroporto),  ma non immaginavo che ci fosse anche il primo “tutto Pino Daniele”, quello che aveva segnato la giovinezza di mio figlio (miei figli) e che avevo finito per conoscere anche io via via che veniva ripetuto sul piatto e diffuso dalle casse radiofoniche di diversi anni fa. E sono stato, a mia volta, coinvolto da quella notizia, prima che essa venisse stritolata e divenisse fin troppo vecchia dalle miriadi di voci diffuse con tutti i mezzi di comunicazione, radio-televisivi e internettisti. E così concorro a questa mesta operazione, anche se rimasi molto più coinvolto dalla quasi analoga e prematura scomparsa di Massimo Troisi. Ecco qui il mio modesto contributo, per accennare brevemente al legame che strinse anche questa mia terra pontino-aurunca al grande cantautore. Cominciò avvicinandosi d’ estate al “nord” della Campania, e trovando pace e ispirazione a Formia, dove scrisse più volte e riposò dalle fatiche degli spettacoli cui partecipava. Poi si spinse ancora più a “nord” e acquistò una bellissima villa sulle magiche dune di Sabaudia, a qualche centinaio di metri da dove avevano vissuto la loro vacanza artistica Alberto Moravia, Emilio Greco, o la contessa Volpi di Misurata (in quella villa-tempio un poco fuori luogo, dalle stanze bianchissime interrotte da grandi macchie coloratissime di rosso, verde, blu, nella quale ebbi la sorte di essere invitato qualche volta). Quando si scriverà la biografia di Pino Daniele non si potrà omettere di citare queste due stazioni marittime della provincia di Latina, che, a loro modo, hanno contribuito a riempire la vita artistica di un ragazzo fortunato nella vita e sfortunato nella morte giovane che lo ha preso.