22 Gennaio, 2024 - Nessun Commento

MA CHI FA LE COSE: CHI AMMINISTRA O “L’AMMINISTRAZIONE”? E LE STRADE?

Tra Damiano Coletta, sindaco uscito, e Matilde Celentano, sindaco in carica, colleghi in medicina e nel luogo di lavoro, ma avversari in politica, è schizzata una scintilla. Forse la prima. Riguarda proprio il mestiere di Sindaco. La Celentano si è vantata di aver conseguito
una serie di successi amministrativi: “Ho fatto più io in sei mesi che lui in una legislatura”. Mi sia concesso un giudizio: non è elegante
un tale modo di presentare ciò che si è fatto. Anche perché Coletta ha finalmente contestato alla sua collega [qual è il femminile di collega?] e le ha ricordato che tutto quello che essa ha fatto finora non è altro che l’esecuzione di progetti portati fin sulla soglia della esecuzione da lui e dai suoi colleghi di Giunta.

Insomma, Coletta rimprovera a Celentano un eccesso di protagonismo a danno di chi l’ha preceduta. Ma perché Coletta non ha portato a compimento tutti quei progetti? Di ragioni ve ne sono tante e presto le scoprirà anche la Sindaca Celentano (scusate: ma quanto è brutto il femminile di Sindaco! Parlo solo in senso linguistico). Celentano ha commesso un errore di gioventù (mi stava scappando: un errore di Giovinezza). O forse lo ha commesso il suo Ufficio stampa?

Io mi metto di traverso e dico la mia. L’errore è di entrambi, solo che quello di Coletta è emerso a causa dell’errore di Celentano. Mi spiego: chi amministra un Comune compie il suo dovere realizzando quello che ha promesso in campagna elettorale. Ciò significa che Coletta ha lavorato col suo programma, ma in nome e per conto dell’Amministrazione comunale. Celentano sta lavorando col suo programma, ma in nome e per conto dell’Amministrazione comunale. E l’Amministrazione comunale è una istituzione che opera per i Cittadini, senza soluzione di continuità. Quelli che arrivano dopo completano quello che chi stava prima non è riuscito a completare per una serie di ragioni. Ma a chi si imputa il fatto o non-fatto? All’Amministrazione comunale che dura tutto il tempo in cui sta in piedi. L’Amministrazione comunale è una, sia che la governino i rossi sia che la governino i neri o i grigi o i marrone.

Non sono Salomone, ma esprimo un’idea.

E se la Sindaca Celentano me lo consente, mi permetto anche di darle qualche suggerimento. Piccole cose che ingombrano la vita di tutti i giorni dei suoi Cittadini e su cui si stanno accumulando ritardi non degni di una giovane Amministrazione (intesa nel senso degli uomini che la interpretano). I miei suggerimenti.

1.       Latina sta subendo uno straordinario incremento di problemi legati al traffico e alla sosta urbani. Dopo il Covid sembra che le auto in città si siano moltiplicate. Molte entrano da fuori, dai centri che circondano Latina. Molte vengono usate stupidamente (la parola è esatta) per non fare 3 o 4 cento passi a piedi. A chi viene in mente di fare in macchina dal Tribunale alla Feltrinelli? Solo a pochi pigri, malati di protagonismo automobilistico. Di disabili ce ne sono pochissimi. E alle 8 di mattina non c’è una strada che non sia già stratificata da auto che parcheggiano per ore e ore in tutti i modi: buoni e pessimi. E sono parcheggi che occupano migliaia di metri quadrati per sei-sette ore, quanto dura il lavoro di ufficio. E i residenti dicono cattive parole. Come rimediare? Innanzitutto occorre conoscere i numeri: a Latina non si è mai fatto (o non è mai stato reso noto) un censimento delle auto che entrano ed escono; di quelle che “risiedono” in città e di quelle che no. Negli ultimi dodici mesi si sono creati nuovi e notevoli flussi di traffico veicolare urbano senza che se ne sia accorta l’Amministrazione. Ieri i giornali parlavano delle proteste dell’ex Campo Boario. Lo attraversano tutti per andare a via Epitaffio. Ci vuole un’altra strada. M c‘è un Piano regolatore e le strade sono armi difficili da adoperare.

2.       E invece, quelli che vengono da Pantanaccio? Col nuovo ponte sulle Acque Medie si infilano in tutte le trasversali verso la Circonvallazione: via dei Volsci, via Monti, viale Petrarca ecc. ecc. Prima erano strade urbane per residenti, ora sono autostrade. Ma non è cambiato nulla negli assetti e nei controlli. Se usano viale Petrarca, arrivando alla Circonvallazione trovano un semaforo che regola i passaggi. Ma se arrivano da via Monti trovano solo un incrocio senza segnalazioni, senza strisce, senza vigili: e le occasioni di incidenti sono pari alle prepotenze nel passare che hanno i conducenti. Occorre una rotatoria? Occorre un segnale luminoso? E’ una zona ad alta concentrazione di negozi e di servizi (banche, farmacie, chiesa, tribunale ecc. ecc.

3.       E invece cosa è stato fatto (per modo di dire)? Che le uniche due strisce pedonali di un tempo sono ormai invisibili, cancellate dall’uso, mentre ne sono state verniciate altre mooolto meno importanti. Fare economia su queste cose rivela doppia incapacità. A danno dei pedoni che attraversano e a danno che le auto che si disputano la precedenza. (fine di questa puntata)

2 Gennaio, 2024 - Nessun Commento

IL 14° VOLUME DELLE OPERE DEL PITTORE ANTONIO SICUREZZA

L’Ammiraglio Eugenio Sicurezza, già comandante generale delle Capitanerie di Porto d’Italia ed ora in meritato congedo, ha concluso la sua enorme e positiva fatica, iniziata anni fa, di rintracciare ovunque essi fossero, i dipinti del Padre, il grande artista di Formia Antonio Sicurezza, che fu anche mio professore di disegno alle Scuole Medie di Formia. Ha concluso una fatica che, quando iniziò, sembrava pressoché impossibile. Antonio Sicurezza è stato pittore prolifico, soprattutto dipingendo con colori a olio, ma non disdegnando i tratti semplici e scolpiti di carboncini, matite grasse e tutto ciò che innervava la sua fantasia compositiva.

Eugenio Sicurezza ha compiuto il suo lavoro editando il 14° volume dedicato al Padre, presso la De Luca Editori d’Arte di Roma, che ha firmato volumi di grande pregio artistico. Ho avuto l’onore e il privilegio di aiutare Eugenio Sicurezza nel suo primo e fondamentale volume della serie di 14 e questo mi ha procurato presso di lui un ricordo continuo, del quale gli sono grato.

La serie si conclude anche con il raggiungimento di un risultato “esterno”: la ricomposizione della grande pala d’altare dedicata alla chiesa formiana di San Giovanni e Lorenzo, nel rione di Mola. La pala era stata smembrata in più pezzi, alterando, così, l’intera composizione e compiendo una forzatura contro la quale Sicurezza Figlio si è fortemente battuto. L’ha vinta lui, riuscendo ad ottenere, anche con il sussidio della Soprintendenza, la ricomposizione del grande pannello, che ora fregia integro la chiesa formiana.

Il catalogo di Antonio Sicurezza ha raggiunto una cifra impressionante: 1151 dipinti sono stati rintracciati e identificati in tutta Italia, in Europa e alcune opere anche oltre Oceano. E’ una soddisfazione che si può conseguire raramente. Ora manca solo che anche il Comune di Formia (che al pittore ha riservato una sala nell’edificio comunale, si faccia l’onore di dedicare al pittore, una strada, un monumento, una piazza e contribuisca a sottolineare, come rappresentante del “genius loci”, il giusto merito di un suo figlio acquisito.

4 Dicembre, 2023 - Nessun Commento

IL CIMITERO DI LATINA: UN IPOGEO QUASI SUBACQUEO

Sono trascorsi alcuni anni da quando un Sindaco di Latina ha deciso, con l’adesione della sua maggioranza, di appaltare ad un privato la gestione degli affetti ultimi, quelli che si raccolgono in un Cimitero. Il cimitero è quello di Latina. E’ Stato chiamato “ipogeo” perché non sorge (o almeno: non sorge del tutto) all’aperto, su uno o più campi, con tombe a interro e altre a minifabbricati, come accade in quasi tutti gli altri cimiteri, dove si costruiscono interi quartieri dei più svariati stili e cappelle pretenziose, cafone, gigantesche, a forma di tempio antico, a forma di casa, in una esibizione di ricchezza, di cattivo gusto, di stili arabi o nostrani. Latina fece a suo tempo una scelta giusta, razionale ed egalitaria. Il suo cimitero fu costruito al di sotto del piano di campagna con due scopi: il primo, quello di non introdurre differenze nella edificazione della cosiddetta “ultima dimora” tra abbienti e meno abbienti; il secondo: consentire una frequentazione al riparo
da eventi piovosi o da giornate troppo assolate.
Furono due scelte entrambe azzeccate. Ma sono state più o meno messe sotto silenzio dalla decisione di stipulare con un privato, una sorta di appalto degli affetti più intimi come quello che deriva dalla morte. Chi scrive ha fatto – purtroppo – esperienza diretta della gestione numero 1 (quella pubblica) e della gestione n. 2 (quella in appalto). Con la prima è andato tutto bene. Con la seconda è incorso in uno sgradevole fraintendimento (causato dal nuovo gestore), quando, dopo aver pagato una cospicua somma per poter tumulare il proprio Caro, ha dovuto superare inattese “difficoltà burocratiche”. Tra esse anche la negazione che un altro proprio Caro già albergasse nell’ipogeo da poco meno di trent’anni. E chi scrive ha dovuto sottoporsi all’accompagnamento di un dipendente della gestione privata fino a fargli constatare, in loco et de visu, che il primo Caro era effettivamente tumulato nell’ipogeo da circa un trentennio.
Chi scrive racconta queste spiacevoli cose a dimostrazione del fatto di aver ricevuto un peggiore trattamento nel caso dell’avvenuto appalto, rispetto alla gestione diretta del Comune. E poiché chi scrive è abituale frequentatore di quel luogo di ricordi e di dolore, è anche nelle condizioni di esprimere un giudizio da Cittadino sulla cattiva scelta dell’appalto dei sentimenti intimi ad un privato che, giustamente, ragiona prevalentemente in termini di interesse economico della sua gestione.
Il che ha generato due fatti: il primo che sono stati richiesti – con procedura legalmente seguita ed applicata – soldi come una tassa cimeteriale (immagino per manutenzione); il secondo, che non sono mai stati effettuati i restauri per impedire che l’ipogeo diventi subacqueo, a causa delle molte e gravi perdite di acqua piovana, che il “tetto” lascia infiltrare anche a ridosso dei locuili e della cosiddette “cappelline”.
E questa situazione è stata affrontata solo con sbarramenti e recinzioni che annullando le ”comodità” di accesso. In compenso, però, un settore dell’ipogeo è stato “arricchito” di nuove tombe che hanno avuto un costo per chi le ha costruite e, quindi, un prezzo per chi le ha acquistate.
Al termine di questa lunga premessa c’è da porre agli Amministratori della Città un paio di quesiti, premesso che chi scrive non ha mai letto la Convenzione tra il Comune e il privato gestore di sentimenti intimi: 1. è corretto questo comportamento (ossia la mancata manutenzione dell’ipogeo fino alla chiusura di alcune scale di accesso? 2. Cosa intende fare l’Amministrazione ove, dopo una attenta verifica della Convenzione scopra che l’appaltatore di sentimenti intimi non abbia fatto “a mestieri” ciò che probabilmente gli si chiede nella Convenzione? Ho la presunzione di sperare che gli Amministratori di Latina mi diano una risposta, magari utilizzando il metodo che un blog mette a disposizione e che trovano qui di seguito.

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