Archivio per Giugno, 2015
9 Giugno, 2015 - Nessun Commento

EUROPA MIGRAZIONE E VERGOGNA

la zattera della medusa

La zattera della Medusa di Gericault

Ma è proprio questa l’ Europa che aspettavamo? Quando Altiero Spinelli concepì, discusse e scrisse, insieme ad Ernesto Rossi e a Eugenio Colorni, Il “Manifesto per un’ Europa libera e unita”, aveva chiari davanti alla mente sia lo straordinario potenziale politico, economico, sociale di una federazione degli Stati Europei; sia le straordinarie difficoltà di giungere a quel risultato nelle condizioni in cui versava in quegli anni l Europa degli Stati. Era il 1941, l’ Italia era entrata in guerra da circa un anno e le forze dell’ Asse sembravano non trovare alcun ostacolo alla loro micidiale potenza, ai grandi risultati della “nuova guerra del blitz”, alla incapacità di difendersi in cui Francia e Inghilterra si erano fatte cogliere.

Era una scommessa destinata alla sconfitta, quella che i tre giovani politici, tutti confinati nella splendida e solitaria isola di Ventotene avevano concepito e si apprestavano a far circolare, tutto malgrado. Basterebbe andare a rileggere i documenti redatti dalla polizia confinaria, dalla Prefettura di Littoria, dal Ministero dell’ Interno per comprendere quanto fosse potente la macchina repressiva del fascismo mussoliniano, che lo scrittore-giornalista Joseph Roth (autore delle ironiche ed allarmate corrispondenze dall’ Italia fascista e dello splendido libro “Kapuzinenkirche”), aveva illustrato in tutti i suoi malati, ma efficienti dettagli.

Eppure, l’ utopia dell’ unità dell’ Europa finì per cominciare ad assumere le vesti del realismo, prima con i singoli trattati, poi con un coordinamento economico e finanziario che tuttavia non è mai riuscito a raggiungere la maturità del coordinamento politico. Paradossalmente, le diffidenze dei nazionalismi sopravvissuti, riprendeva fiato proprio nel momento in cui esso sembrava essere stato schiacciato dalla nasciti dell’ Unione Europea, del Parlamento e del massimo dei risultati coordinati ottenuti, Maastricht, Schenge e la Banca Centrale Europea.

Tutto questo per dire che, malgrado i lenti e faticosi progressi, l’ Europa “di tutti i giorni” è riuscita assai spesso a deludere, sopraffatta dalla grande potenza schierata in campo dalla iper-burocrazia, che ha marciato in direzione delle grandi lobbies, più che dei cittadini. Basti pensare ai grandi interessi tutelati per i gruppi produttivi a danno delle aziende di eccellenza nel campo genericamente alimentare.

Ma dove l’ egoismo di “questa” Europa si è sentito in tutta la sua allarmante ferocia e in tutta la sua mancanza di prospettive è stato nella gestione della crisi economica e, come riflesso di quella, nella gestione dell’ allerta Migrazione.

Intanto l’ Europa ha dimostrato alcune paurose lacune: ha dimenticato che i Popoli europei sono figli di un altra grande migrazione che millenni or sono ha trasformato il vecchio Continente in una ribalta paleontologica (siamo spesso figli dei migranti africani di quella gigantesca migrazione); ha dimenticato che per uno o due secoli si è fatta ricca depredando le materie prime e annientando lo sviluppo dei processi di crescita politica locale usando la tragica arma del colonialismo rozzo, prepotente, sanguinario; ha dimenticato che i poveri debbono essere aiutati a crescere in autonomia, non a diventare occasione di sprechi e di scialacquamenti attraverso aiuti “umanitari” che servivano solo a creare le prime ricchezze dei corrotti e dei mediatori dei fiumi di denaro erogati per non insegnare ai nuovi Africani a creare fabbriche e a imparare a pescare (per sintetizzare al massimo).

E ha dimenticato, la “religiosa” Europa del Cattolicesimo e della Riforma che i poveri non possono essere ignorati, perché vi sarà sempre un povero che batte alla porta.

E da chi viene il rifiuto di quei poveri che chiedono di essere aiutati: proprio dagli Stati di Europa che definiamo “più civili”, dai popoli del Centro Nord Europa, che un tempo erano essi stessi poveri e che sono diventati ricchi anche mercantilizzando le “occasioni africane” che oggi respingono, affidando alla sola Italia la soluzione di problemi che vanno affrontati cooperando tutti insieme. Se l’ Italia è la più grande “zattera di salvataggio” dei migranti marini, non si può pensare che solo su questa zattera possano risolversi i problemi. Tutto finirebbe come sulla tragica zattera della Medusa che Theodore Gericault dipinse simboleggiando in essa le conseguenze dell isolamento, della morte, della incapacità di aiutarsi.

Quanto alle orrende scelte politiche che alcune Regioni italiane in mano alla destra paranazista di Maroni, Zaia e Salvini stanno compiendo, meglio far calare un pietoso velo di silenzio. Più se ne parla e più vergogna se ne sente.

1 Giugno, 2015 - Nessun Commento

L’ OMICIDIO DI FORMIA UN SEGNALE DA RACCOGLIERE PER NEGARLO CON FORZA

La fiaccolata a Formia  dopo l'omicidio dell'avvocato di Mario Picolino

La fiaccolata a Formia dopo l’omicidio dell’avvocato di Mario Picolino

L’ assassinio dell avvocato Mario Piccolino, avvenuto a Formia il 29 maggio scorso, ha suscitato inquietudine, e questa non è una sorpresa, è una constatazione. Vi è stata anche reazione nella gente qualunque. Il gesto è efferato e compiuto con una tracotanza e una “semplicità” di gesti che sembra volerla dire lunga sulla sicurezza con cui ci si muove in certi ambienti malavitosi. Quella della “vendetta” – o di un deciso gesto di intimidazione – da parte della malavita, che localmente è camorra, è una ipotesi prevalente, anche se non esclusiva. E se tale si dovesse confermare, Formia entrerebbe per la forza delle cose nel novero delle “città di frontiera”, quelle nelle quali la lunga mano camorristica intende stabilire o confermare la propria supremazia, dimostrando coi gesti brutali la sua forza persuasiva. E a questo punto non dovrebbe esserci che la reazione della gente qualunque, oltre che delle Istituzioni. Troppo grande è la posta in gioco per lasciare che la camorra o chissà chi altri faccia, senza reazione di disgusto prima che di rabbia, sentire il proprio peso schiacciante e di dominio.

Un tempo – correvano gli anni Settanta-Ottanta del XX secolo – nel sud provincia avvennero diversi attentati. Una volta un motociclista fu assassinato addirittura sulla via Flacca, sotto gli occhi di automobilisti, da un altro motociclista evidentemente sguinzagliato sulle sue tracce di persona che dava fastidio. Era il tempo in cui la camorra iniziava a sondare questa nuova fetta di territorio, fuori del confini della Campania, e cominciava a dettare le sue regole e a fare le sue selezioni, che erano “interne”, ossia tra bande, famiglie, cosche, clan di camorristi. Poi piombò la “pace sociale” e quello, paradossalmente, fu il segno che la camorra si era impiantata, perché la camorra conquista i territori col fuoco e la morte, ma quando deve investire denaro pretende la pace, perché è nel silenzio che possono distogliersi le attenzioni, acquistare terreni e fabbricati, stabilire la autorità della malavita.

E Formia ha cominciato a conoscere un fiorire di attività commerciali ed imprenditoriali che, sull’ onda del disastro sismico che colpì la Campania, e del bradisisma che scacciò tanti cittadini dalle aree del Napoletano, e che provocò ( e giustificò-mimetizzò) correnti migratorie dentro le quali c’era anche odore di camorra. Fu un lavoro di “colonizzazione” fatto professionalmente, e contro il quale la reazione delle istituzioni fu tiepido e quasi infastidito verso chi mandava segnali di allarme. La politica soprattutto si segnalò in questa gara nell’ ignorare il fenomeno, negando in alcuni suoi non secondari ambienti, che esso esistesse; vi furono clamorose polemiche all’interno dello stesso tessuto pubblico. La politica, al di là delle frasi di circostanza, volle ignorare la gravità del fenomeno: si chieda il cittadino perché ciò avvenne.

Oggi registriamo un omicidio efferato e spaventoso. La ribellione delle coscienze dovrà pure esplodere.

1 Giugno, 2015 - 1 Commento

NINFA: L’ORGOGLIO DELLA BELLEZZA

Le acque limpide del fiume Ninfa e una pianta amazzonica in primo piano nella foto di David Salvatori

Le acque limpide del fiume Ninfa e una pianta amazzonica in primo piano nella foto di David Salvatori

Federico Rampini, grande giornalista di Repubblica, ha lasciato un lusinghiero e spontaneo apprezzamento nei riguardi delle virtù paesistiche e di appeal della Provincia di Latina. Nel commentare un fatto che gli era accaduto rientrando a New York dopo una vacanza a Roma e nel Lazio meridionale, ha scritto su L’Espresso del 10 aprile scorso queste parole: “”Ho fatto una puntata a Milano, una a Torino e nelle Langhe, una a sud di Roma tra il monte del Circeo, Terracina, Sermoneta, l’Oasi di Ninfa. Da nessun altra parte al mondo puoi vedere un favoloso giardino all’inglese come l’Oasi di Ninfa, che insieme alla ricchezza degli alberi e dei fiori unisce le vestigia di un luogo medievale”.

Grazie Federico Rampini: la constatazione della bellezza non è mai superflua né scontata. Rende orgogliosi gli stessi luoghi di quella bellezza, e anche chi ha il dovere – fin qui riuscito in oltre 40 anni – di amministrarli attraverso uno strumento che si chiama Fondazione Roffredo Caetani.