5 Agosto, 2017 - 1 Commento

COSMO DI MILLE: DOPO 70 ANNI
I RICORDI DI GUERRA DIVENTANO LIBRO

Castello-di-GaetaSono numerosi gli Autori che decidono, con molti anni di ritardo, di liberare il proprio ricordo dal prezioso ma egoistico recinto della memoria individuale, per offrirlo alla considerazione ed anche al giudizio degli altri. E, prima ancora, per offrire agli altri l’esperienza che essi stessi hanno elaborato e confrontarla con quella altrui. Tra questi autori del ricordo lontano ma vivace c’è Cosmo Di Mille, ufficiale di macchina diplomato presso il glorioso Istituto tecnico Nautico di Gaeta, oggi albergatore a Sperlonga, che ha atteso ben 75 anni prima di scrivere un libro al quale consegnare i ricordi di quando, diciassettenne, si trovò a misurarsi con la guerra, facendosi carico anche della sopravvivenza di una nonna, della madre e di due sorelle. Il libro che ne è nato, e che ha goduto della collaborazione letteraria di Nicola Reale, è stato tenuto a battesimo nel giugno di quest’anno sotto il titolo “Come fuscelli nel vento. Un ragazzo di Gaeta nell’autunno nero del ’43”.

L’ho letto tutto d’un fiato e l’ho trovato molto gradevole come libro, malgrado la tristezza e l’angoscia degli episodi che vi sono narrati: lo sgomento della guerra vissuta in prima persona, il terrore delle bombe, dei rastrellamenti, delle fughe per impervi sentieri dei monti Aurunci ed Ausoni; le sofferenze per una fame che non era solo sua ma soprattutto dei familiari che doveva in qualche modo proteggere a soli 17 anni; e di una vita vissuta senza alcun riparo; la paura di quando un fascista della peggiore specie, tale Rocco Palmieri, riemerso dall’anonimato degli omicidi di guerra, che, prima di essere fucilato a liberazione avvenuta, si costruì una fama di delatore, di boia dei propri concittadini, di spietato sterminatore di presunte spie di Formia, Gaeta, Fondi; e che ebbe il coraggio di sparare un colpo di pistola nel petto della madre di Cosmo Di Mille senza alcuna plausibile ragione. Che poi la donna scampasse all’atto omicida, perché tale era, grazie ad un miracolo che si aggiunse alla mancanza di soccorsi, di medicine, di generi alimentari la dice lunga su cosa possa essere. nel male e nella fortuna, una guerra.

Ma le avventure di guerra di quel giovanissimo non esauriscono il contenuto del libro, che, al contrario, si arricchisce di continui riferimenti alla vita vissuta in una Gaeta pre bellica, quando non esisteva il Viale Caboto ed esisteva invece la strettoia marina modesta ma dignitosissima di corso Attico e della complanare interna via Indipendenza; quando Serapo era la residenza dei gerarchi – la “città giardino” – e Monte Secco era una spianata che divideva il Borgo dalla città medievale. I ritmi di vita, di quella vita, sono raccontati con una felice ed esauriente sintesi risvegliando ricordi pieni di affettuosa dimestichezza, compagni di scuola perduti o ritrovati, una vita familiare in cui il modesto ma sereno mondo della Piaja, della ex città di Elena, di Calegna si susseguiva apparentemente senza sbalzi, ma con un calore e un candore destinati ad essere annientati dalla guerra. Dalla quale Cosmo Di Mille riemerse con la sua famiglia, che perse solo la vecchia e indifesa nonna, ma che ebbe la fortuna di ricomporsi col rientro a Gaeta del papà che era stato costretto a restare in quegli Stati Uniti in cui aveva cercato come aiutare i lontani parenti, e che poté riabbracciare come tutti i lieto fine esigono. E qualche volta accadono davvero.

 

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  • Solo una piccola precisazione a margine, tratta da “Gli anni della guerra a Fondi” di Geremia Iudicone (1994, p. 13):

    «Dopo un plateale arresto e non pochi contrasti decisionali (come corse voce insistente) su chi tra i responsabili politici o militari della rappresentanza locale della R. S. I. fosse tenuto a notificare […] la sentenza di morte scritta – si disse – su carta paglia e dovesse assumere il comando relativo, un plotone di repubblichini eseguì una fucilazione. La pena capitale si basava su accuse apprese dalla cittadinanza con largo margine di dubbio. Morì tale Francesco Palmieri da Sulmona. […] L’esecuzione avvenne alle ore 16,15 del 23 ottobre 1943 alle spalle della cappella del cimitero. […] L’atto di morte fu registrato d’ufficio solo anni dopo a seguito di sentenza del Tribunale »

    Quindi il famigerato Palmieri venne fucilato dagli stessi fascisti prima della Liberazione della zona.

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