16 Giugno, 2014 - 1 Commento

FORMIA: VOTATE LA VILLA DI CICERONE
COME “LUOGO DEL CUORE” DEL FAI

villa rubino 2L’attuale Villa Rubino è la residenza che alcuni studiosi identificano con il celebre “Formianum”, la villa estiva di cui Cicerone parla nelle lettere ad Attico, luogo da lui prediletto per gli studi e rifugio da cui seguire le vicende politiche di Roma. Profonde modifiche hanno stravolto nei secoli la struttura originaria, che, però, sopravvive nella sua organizzazione su tre grandi terrazze affacciate verso il mare dell’antico Sinus formianus, oggi Golkfo di Gaeta. La grande proprietà, dominata dal fabbricato posto nel livello più alto, edificato sui resti della originaria domus con i sottostanti ninfei, bagni e la fonte d’acqua proveniente dai vicinissimi monti Aurunci; l’ampia peschiera, il porticciolo edificato dai Borboni, quando Francesco II acquistò òla proprietà dal principe di Capossele, facendone la sua ultima villa al mare pochi anni prima del crollo del Regno di Napoli, rendono questo luogo un autentico gioiello sopravvissuto al massiccio e disordinato urbanamento di Formia. Villa Rubino o Villa di Cicerone è ormai uno degli ultimi giardini di agrumi che fino agli anni Cinquanta del Novecento riempivano di verde e di profumo l’aria di Formia. Per questa ragione primaria e per la ricchezza di costruzioni romane sopravvissute nel bel verde che si immette direttamente sul mare del porticciolo, Villa Rubino (in particolare la sua appendice verde) è un bene da conservare e salvare per tutti. Allo scopo di acquisire alla città e a chi la visita questo tesoro, è nato il Comitato “Villa di Cicerone”, un patrimonio oggi chiuso al pubblico e in via di degrado che necessita di urgenti interventi di recupero. Il Comitato è frutto della iniziativa di molte associazioni della città di Formia che hanno voluto aggregarsi per coinvolgere e sensibilizzare tutti verso una operazione di salvataggio e di pubblicizzazione, per salvare la villa dal degrado e dal progressivo decadimento, oltre che da pericolose idee edilizie. Il Comitato Villa di Cicerone attraverso la partecipazione al 7° censimento “I luoghi del cuore”, promosso dal FAI, coglie questa straordinaria opportunità per dare un sostegno forte al sogno di vedere questo sito divenire parte del patrimonio comune, “Perché la storia sia lo strumento per costruire il vostro futuro”, come ha detto il prof. Andrea Carandini in occasione della sua visita a Villa Rubino svoltasi lo scorso mese di marzo.

Votare per questo scopo è una esortazione che anche questo modesto blog si sente di fare,  rivolgendosi ai suoi lettori, abituali ed occasionali, italiani e stranieri, aprendo il sito: http://iluoghidelcuore.it/luoghi/latina/formia/villa-di-cicerone/80741

7 Giugno, 2014 - Nessun Commento

SATRICUM: I VALORI DI LATINA QUANDO LITTORIA NON ESISTEVA

SATRICUM. Scavi archeologici  sotto i vigneti di Casale del Giglio

SATRICUM. Scavi archeologici sotto i vigneti di Casale del Giglio

Il Comune di Latina, dopo anni di vani tentativi, ha deciso finalmente di valorizzare una straordinaria risorsa culturale presente da millenni sul suo territorio. Si tratta dei resti della antica “città” latina di Satricum (VIII-XII sec. a.C.), presso la quale sorgeva uno dei luoghi di culto maggiormente frequentati dalle popolazioni non solo locali, ma anche da quelle che percorrevano le direttrici verso sud, Etruschi compresi: il tempio della Mater Matuta, ossia della dea dell’alba, della fertilità, della nascita, della vita. Presso i resti di quel tempio, che venne distrutto verso il IV secolo a.C., sono state ritrovate stipi votive, così come nelle vicine aree di competenza della “città” di Satricum destinate a necropoli, sono stati rinvenuti preziosi e bellissimi oggetti che accompagnavano il cammino dei morti verso l’aldilà. Ora sono parte assai importante del patrimonio di reperti del Museo di Villa Giulia a Roma, esposti in una grande mostra che ebbe luogo negli anni Settanta dello scorso secolo. Benché i primi scavi a Satricum risalgano a studiosi italiani della Soprintendenza archeologica romana, negli ultimi anni dell’Ottocento, si è dovuta attendere la disponibilità di studiosi dell’Istituto Olandese di Cultura di Roma, per riprendere sistematicamente le indagini e gli studi. E proprio grazie agli Olandesi è stato possibile acquisire una ulteriore serie di tracce e reperti e, soprattutto, di provare a ridisegnare l’immagine di quel tempio della Mater Matuta che ispirò anche un libro di Stanislao Nievo, che trascorse una parte della sua vita giovanile a Le Ferriere di Conca, due passi dal luogo del martirio di Santa Maria Goretti nel 1902. Il Comune di Latina terrà a battesimo una mostra nei pressi dell’altura di Satricum e dello storico fiume Astura. Avverrà mercoledì 11 giugno, ed avrà come titolo “Satricum. Scavi e reperti archeologici” a cura dell’Università di Amsterdam, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Direttrice degli scavi satricani è la dottoressa Marijke Gnade. Sarà il sindaco Giovanni Di Giorgi a tagliare il nastro.

 

 

30 Maggio, 2014 - Nessun Commento

EMILIO LAVAGNINO E GIULIO BATTELLI, I NOSTRI MONUMENTS MEN

MADONNA DI GAETAIl film di George Clooney “Monuments Men” ha risvegliato un (assai tardivo) interesse di molti sulle vicende del salvataggio della maggior parte del patrimonio artistico dalle razzìe tedesche. Ed ha emozionato molti che in precedenza non sapevano neppure di cosa si trattava. Poco male, non è mai troppo tardi. Ora l’interesse è rinnovato dal secondo libro scritto da Robert M. Edsel, “Missione Italia. La sfida per salvare i tesori d’arte trafugati dai nazisti”. Ma se erano ignote molte di quelle vicende, altrettanto lo sono state e lo sono quelle che riguardano quanto è avvenuto nel Lazio e in provincia di Latina: si ripetono qui emozioni e sorprese di chi ha finora ignorato che quello stesso problema di salvaguardia di beni artistici c’è stato anche per le province laziali, e non è stato da poco, sol che si pensi alle straordinarie ricchezze che si trovavano, al momento della guerra, custodite in musei, chiese, edifici storici. In provincia di Latina le razzìe sono state compiute senza distinzione di tipologia artistica. Il museo aurunco voluto da Pietro Fedele (in verità si trovava nella campana torre di Pandolfo Capodiferro, affacciata sulla riva sinistra del Garigliano, fatta saltare in aria dalle truppe germaniche nell’autunno del 1943) fu quasi totalmente trafugato. Solo pochi anni fa è stata ritrovata a Fiuggi – dove forse era stata dimenticata – una preziosa reliquia riacquisita al nostro Paese. Dal comune di Terracina sono scomparsi i busti dello scultore danese Bertel Thorvaldsen. Da Sabaudia un celebrato dipinto del pittore Bicchi, “Riposo sui gradini della cattedrale”; da Littoria buona parte dei dipinti della Pinacoteca civica donati alla Città fascista da altre città italiane: quasi sempre opere di pittori del Novecento (ma altri dipinti presero vie, per così dire, domestiche). Nel sud, soprattutto a Gaeta, Minturno, Fondi si trovavano nelle ricchc chiese che ricordavano una potenza perduta nella materialità ma conservata nella sostanza dei beni artistici, si custodivano opere del Meung, di Girolamo Siciolante, Antoniazzo Romano, Cristoforo Scacco, Giovanni da Gaeta, Sebastiano Conca e di molti altri Autori. I Monuments Men alleati non si occuparono di queste opere, che, invece, furono recuperate e salvate da “nostri” Monuments Men, inviati dal Vaticano a raccogliere e portare a Roma le maggiori opere, che furono poi restituite a fine guerra, spesso restaurate. Dal Duomo di S. Erasmo in Gaeta, dalle chiese della SS Annunziata, di S. Francesco e dei mille altri luoghi-museo; a Fondi dalla ex cattedrale di San Pietro, dalle chiese di S. Maria Assunta, di S. Francesco e altre, e un po’ in tutta la Provincia vennero, con mezzi assai meno organizzati dei Monuments Men alleati, i nostri allora giovani studiosi, ricercatori, archivisti a raccogliere beni straordinari: lo Stendardo di Lepanto (poi restaurato in Vaticano ed ora di nuovo nel Duomo gaetano), e tanti altri dipinti che oggi possono ammirarsi ancora negli stessi luoghi da cui furono prelevati nell’autunno del 1943.

Questo prezioso lavoro fu compiuto soprattutto da Emilio Lavagnino (ed è ricordato nel libro di Raffaella Morselli “Fuori dalla guerra. Emilio Lavagnino e la salvaguardia delle opere d’arte del Lazio”; e da Giulio Battelli, scomparso solo qualche anno fa alla bella età di 104 anni. Sono loro i nostri Monuments Men, ahimé dimenticati se non del tutto sconosciuti. Meriterebbero certamente il rispetto di un ricordo.