6 Settembre, 2014 - 2 Commento

UNA PERNACCHIA PER HITLER

hitler“Se no xe mati, no i volemo”. Non so se si scriva proprio così, ma il senso è quello. Dunque: a Latina già avevamo a che fare con la nascita durante il fascismo della nostra Città in una plaga bonificata dalla palude. E va bene. Poi ci siamo imbattuti nel nome di quella Città, che alle origini si chiamava Littoria, ma che è un nome durato solo meno di 13 anni, perché fu cambiato nel 1945, dopo la guerra, quando nessuno aveva voglia di ricordare un passato sepolto sotto le macerie della guerra e dei morti che aveva provocato. Poi è riemerso (forse nel 1993 o nel 1994, se non ricordo male) il nome di un Mussolini, che era “il fratello”, e si chiamava Arnaldo. Non aveva nessun merito se non quello di essere, appunto “fratello”. E qui la colpa me la prendo un poco anche io. Racconto come nacque quel disseppellimento del topònimo, dato ai giardini pubblici di Latina. Noi, nel dopoguerra, li abbiamo sempre chiamati “Giardinetti”, al massimo “Giardini comunali”. Nessuno ne conosceva il nome originario. Un giorno mi imbattei in una carta topografica di Littoria e lessi che il nome del parco urbano era quello di Arnaldo Mussolini. Un bel giorno mi trovavo in Comune, quando era sindaco (ma io lo chiamavo scherzando, “podestà”, e Lui lo accettava con un sorriso di compiacimento). “Lui” era il senatore Ajmone Finestra, fascista tutto di un pezzo, che aveva combattuto come ufficiale anche nella Repubblica Sociale (era stato anche condannato a morte, ma aveva scampato da quel pericoloso evento): era stato eletto da sempre nel Consiglio comunale di Latina, poi anche deputato e quindi senatore, sempre nelle file del MSI (il Movimento Sociale Italiano, che aveva ereditato il ricordo e le idee del fascismo). Poi, con il crollo del sistema dei partiti post-bellici (Dc, Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli sotto i colpi di “manipulite”) emersero le compagini “nuove”, tra le quali capitò anche il MSI, che non era affatto nuovo, ma che nella Latina post-bellica non aveva mai governato, pur essendo stato sempre presente e pur avendo sempre influenzato le linee della politica cittadina. E alle elezioni del 1993 il MSI vinse e Ajmone Finestra, che ne era il capo, divenne sindaco. Era uomo coerente col proprio passato e non lo nascose mai. Un giorno, in Comune, come dicevo, mi trovavo a scambiare due parole con lui e con la Responsabile dell’ Ufficio stampa, la compianta Rita Calicchia: a entrambi, scherzando, ricordai che i “giardinetti” erano in realtà originariamente intestati a quell’ altro Mussolini. Finestra fu colto da stupore e compiacimento. E dette immediatamente a Rita Calicchia l’ incarico di stendergli una nota per il ripristino dell’ antico topònimo. E puntualmente, dopo pochi giorni, questa volta tra lo stupore dei cittadini, comparve allo ingresso del parco una tabella col nome di Arnaldo. La cosa non passò sotto silenzio, anche perché essa si accompagnò, in tempi diversi, ad una solerte campagna di riesumazione di umori fascistizzanti: il tentativo di ripristinare il nome di Littoria (naufragato); varie inaugurazioni di piazze  simboliche (quella al Bersagliere, quella alla Aeronautica, ecc.); un fiorire di pubblicazioni esaltatrici della “grande bonifica”, tutte sulla stessa linea; convegni, incontri, e rievocazioni di ogni genere. Finimmo persino sul Jerusalem Post, che ironizzò (ma era anche un poco contrariato, il giornale israeliano) sulla tabella che riesumava Arnaldo Mussolini; fu anche ripristinata una targa che era collocata nel balcone del palazzo comunale, ma che scalpellini antifascisti avevano “rasato” come si faceva con gli antichi palinsesti, e che Ajmone Finestra fece ripristinare, contestatissimo da studiosi locali che scrissero che il nuovo testo inciso era un falso rispetto a quello originale. Non ci è bastato tutto questo. Qualche giorno fa, in pieno settembre 2014, un consigliere comunale di FI ha proposto agli esterrefatti colleghi di Latina di erigere un monumento ad Adolf Hitler. Sì, proprio quello della II Guerra mondiale e dei campi di sterminio Il discorso era nato durante un altro animato dibattito sulla discutibile iniziativa di dedicare all’ ex capo del MSI Giorgio Almirante una strada,  iniziativa già presa da un altro ex missino, il Presidente facente funzioni della Provincia-in- via-di-esaurimento che ha intitolato ad Almirante una “rotonda” stradale (detta anche “la rotonda sul mare”, perché si trova a Borgo Sabotino, a pochi metri dalla spiaggia).  L’ idea di un monumento a Hitler, forse, era nata dal desiderio di ridicolizzare queste cose, ma è stata presa terribilmente sul serio. E così Latina è finita di nuovo sulle pagine nazionali, grazie a Herr Htiler, che non è stato proprio un modello da imitare e segnalare attraverso monumenti. Non so se quel consigliere che ha fatto la proposta scherzasse o dicesse sul serio: la cosa migliore sarebbe stata quella di rispondere commentando con un immortale simbolo edoardiano (intendo Eduardo De Filippo, non quello d Inghilterra): ossia con una secca, rumorosa pernacchia. Invece si sta perdendo tempo in chiacchiere.

29 Agosto, 2014 - Nessun Commento

QUEI DUE LITRI DI OLIO REQUISITI
DALLA POLIZIA PARTIGIANA

POLIZIA PARTIGIANA

Dalle non molte carte che mi sono rimaste di mio padre, è saltato fuori all′ improvviso, un foglietto bianco con una intestazione che gli ha attribuito un significato che, nelle precedenti volte in cui mi era passato tra le mani, non avevo notato. L′ intestazione  “COMANDOPOLIZIA PARTIGIANA – Lavezzola (Ravenna)”. Sul foglietto, cinque righe scritte a mano con grafia leggibile, concluse da un timbro tondo con la stessa scritta dell′ intestazione (il fascino dei timbri è noto in Italia, ma anche in tempo di guerra, o quasi). La data è altrettanto significativa: 24.8.1945, tre mesi appena dopo la conclusione delle ostilità. Lo scritto a mano dice: “Oggetto: requisizione. Il Signor Sottoriva Emilio è stato posto al fermo del nostro posto di blocco, qui a Lavezzola, dove è stato requisito di due litri di olio ne rimane per lui 9 litri: costatando i bisogni che occorre e necessita la propria famiglia, si prega di non requisirle più nessun litro a suo carico”. Si riuscirebbe anche a intravvedere il nome della firma, ma qui non vale la pena citarlo. Che cosa ci facesse mio padre nel 1945 nella a noi sconosciuta Lavezzola di Ravenna, non saprei proprio dire, né saprei dire se la richiesta del Comando Polizia Partigiana che gli aveva requisito quei due litri di olio sia stata ascoltata dai successivi posti di blocco, e se, quindi, mio padre sia riuscito a trasportare fino a Cisterna di Littoria (si chiamava ancora così) quel prezioso alimento di cui “abbisognava e necessitava” la lontana famiglia. È un episodio che si è perduto nella confusione del dopoguerra, che per la nostra famiglia fu un prosieguo della guerra in una Cisterna demolita dai bombardamenti aerei americani e inglesi, da tre giorni di aspra battaglia tra essi e i tedeschi che ne avevano fatto una Festung (22-25 maggio 1944), la disperata mancanza di casa nostra, polverizzata dalle esplosioni e dispersa persino nelle macerie, utilizzate per tamponare le buche aperte dalle bombe sulla strtada per Nettuno che iniziava a pochi metri da quella stessa casa. Cisterna era un fantasma, ed era un fantasma reso pericoloso da migliaia di mine disseminate dappertutto, da depositi di armi ed esplosivi lasciati dai due eserciti che vi erano rimasti contrapposti dalla fine di gennaio fino a maggio 1944; dalla penuria assoluta di generi alimentari, anche se cominciava a circolare quella polvere verde che chiamavamo “polentina”, ottenuta dalla sfarinatura di piselli, distribuita dagli alleati e che per noi bambini era gustosissima. La fame rende tutto più appetitoso. È più che plausibile che mio padre – non so con quale mezzo e in quali circostanze – si sia recato da Cisterna in Romagna, e che, magari abbia colto un′occasione per procurarsi quegli 11 litri di olio (ma anche da noi si coltivano olivi) sottoposti alla requisizione che, però, salvò il grosso del provvidenziale acquisto. So per certo che mio padre non faceva il “borsaro nero” e, perciò, a parte il piccolo valore storico di quel foglietto, resta la soddisfazione di aver ricostruito anche un attimo sconosciuto di una vita che dalla natìa Bolzano e dalla Rovereto della sua infanzia e adolescenza, lo portò prima sul bordo della Palude pontina, dove conobbe e sposò mia madre, e poi in giro per Africa coloniale e Albania, dove diresse cantieri per costruzioni di opere pubbliche tra Valona e Tirana. Ma questo non interessa a nessuno, tranne me.

20 Agosto, 2014 - Nessun Commento

MARE NON BALNEABILE E CAMPIONAMENTI
UNA IMMAGINE SPESSO DISTORTA

AREA NOSTRALATINA – Goletta Verde di Legambiente è stata spesso al centro delle critiche più che dei pur meritati elogi. Con i campionamenti delle acque balneabili fatto durante la stagione del turismo, dei bagni, delle vacanze non aggiunge certo punti alla graduatoria delle eccellenze nell’ospitalità del Paese. Nel 2014 non è stato diversamente. Qui interessa il Lazio, che lungo i suoi oltre 300 km. di costa ha denunciato un 75% di prelievi sfavorevoli. A dirla così, brutalmente, sembrerebbe che ben 225 km di mare costiero siano infrequentabili. Il che, ovviamente, non è. A dirla In tutta franchezza, questo modo di comunicare è fuorviante per qualche buon motivo, Ad esempio: i prelievi lungo gli ottomila km di costa italiana sono stati 124, forse un po’ ristretti, tenuto conto della sua grande varietà. Inoltre, Legambiente dichiara che la maggior parte dei suoi prelievi sono stati eseguiti alle foci di fiumi e canali o presso porti e scarichi, Ora, il legislatore italiano fin dagli anni Venti del Novecento ha dichiarato non balneabili le foci dei fiumi e gli specchi acquei portuali, per ragioni che erano facilmente intuibili all’epoca e che lo sono ancor più oggi. I fiumi non sempre sono immagine di una risorsa ricca; a volte essi sono anche il veicolo di immondizie prodotte altrove rispetto al mare, soprattutto da Comuni interni, e dal costume (cattivo) di chi vive lungo gli estesi tratti di campagna che essi percorrono di affidare alla loro corrente il servizio di smaltimento dei rifiuti non assicurato da chi dovrebbe provvedervi. Beh? e allora? E allora questo significa che, non essendo stata abrogata l’antica legge, il problema è innanzitutto di non affidare a quei prelievi, che sono sospetti per definizione legislativa, il compito di dare l’immagine della rispettabilità balneare dell’Italia. E’ una partita persa in partenza, perché si sa che là ci sono le cose peggiori. E non pare giusto che quell’immagine complessiva si formi da quelle che, in fondo, sono eccezioni. Altro, invece, è considerare l’inadempienza di Comuni, enti pubblici, società di servizi, private o partecipate, che sono una nota riserva di caccia all’euro soprattutto per i partiti – e soprattutto per qualche partito – e che non vengono ricondotti alla ragione, continuando a succhiare denaro ai contribuenti senza dare i risultati che sono obbligati a dare. Proviamo a cambiare comunicazione, per non raddoppiare il danno a chi lavora e vive di turismo. Almeno d’estate.

 

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