3 Agosto, 2016 - Nessun Commento

Bibliografia del Lazio meridionale
IL DIALETTO DI SERMONETA
VITA ANTICA A CASTELNUOVO

redimDue nuovi libri hanno arricchito la bibliografia del Lazio meridionale. Due temi diversi, ma uniti dal medesimo rispetto per la cultura del buon passato. Il medico pediatra Dante Ceccarini, che a Sermoneta ha la possibilità di conoscere e colloquiare “dal vivo” con giovanissimi, giovani e meno giovani, ha a portata di mano una miniera di modi di dire e di tecniche del linguaggio del passato in un ambiente un tempo ristretto ed isolato, malgrado una vita vissuta sotto l’egida della nobile Famiglia dei Caetani, titolari del ducato. Questa condizione privilegiata gli ha consentito di accumulare una quantità notevole di parole dialettali, motti, apoftegmi, curiosità colloquiali che gli hanno fornito la materia per un secondo libro, dopo il primo dedicato ad una prima quantità di parole che hanno formato la base di un dizionario del dialetto sermonetano. Il nuovo libro ha per titolo Proverbi, detti, modi di dire, filastrocche,m ninne nanne, maledizioni, imprecazioni, insulti in dialetto sermonetano, nei dialetti della provincia di Latina e nei dialetti italiani. Un titolo lungo per un libro di oltre 320 pagine, dalle quali emerge non più e non solo la tecnica delle relazioni verbali, ma soprattutto il modo di vita di una piccola e importante comunità della collina lepina pontina.

Anche Aurelio Carlino, appassionato cultore di cose locali tratte dalle esperienze di vita vissuta, presente e passata, e di storie delle cose e degli eventi, ha dedicato al suo Paese, Castelnuovo Parano, in provincia di Frosinone, un libretto che raccoglie una serie di saggi da lui stesso scritti e dedicati a vicende trascorse della piccola comunità posta lungo la valle del Garigliano, sulla direttrice Cassino-Formia. E’ un volumetto agile che ha per titolo Raccolta di scritti Castelnovesi, che merita di essere letto per l’agilità e la attenzione con cui la scrittura accompagna il lettore.

12 Luglio, 2016 - 1 Commento

LA SCOMPARSA
DI EDOARDO CASTAGNINA

castagnina1 Latina ha perduto un altro personaggio, che nella sua schiva modestia è riuscito a lasciare un segno della sua positiva presenza, in una città che di presenze positive ha molto bisogno. E’ scomparso Edoardo Castagnina, il libraio per antonomasia degli ultimi 40 anni. Si era ritirato dalla scena da qualche anno, ma ha avuto modo di lasciare una sua impronta. E’ difatti l’uomo che impiantò la mitica Bancarella di libri sotto l’androne della ex Camera di Commercio in via Diaz, e la tenne viva e vitale per anni, facendone, pur nella modestia forzata del suo allestimento materiale, un punto di riferimento per la cultura cittadina e per il buon leggere. E’ stato, insieme a Mario Ferrarese, tra i promotori e i sostenitori più convinti dell’unico premio nazionale alla cultura che Latina abbia partorito, quel Premio Latina per il Tascabile che per anni ha tenuto banco, richiamando sulla nostra città l’attenzione colta di editori e lettori. E’ stato tra i promotori di quella geniale accademia del libro di Natale che ebbe la pretesa di sfidare l’isolazionismo di molti librai di Latina, invitandoli sotto un tendone che per alcuni anni è stato un enorme, incredibile attrattore di lettori e acquirenti di libri che non sarebbero mai entrati in una libreria ufficiale E’ stato l’inventore della prima libreria volante in quel di Ponza, dove ha riempito, anche qui per anni e non senza difficoltà né imitatori, uno spazio che attendeva che qualcuno corresse il rischio di occuparlo. Edoardo lo ha fatto e lo ha fatto bene. Non ha raccolto medaglie pubbliche, ma la gratitudine di tanti lettori di libri, per tutti i gusti e per tutte le tasche. E’ stato un autentico diffusore di cultura, nella modestia e nella riservatezza. Ha dato fastidio a più di qualcuno, e questo fa parte delle sue sfide. I funerali si sono celebrati l’11 luglio presso la chiesa francescana dell’Immacolata di Latina. Che la terra ti sia lieve, Edoardo.

16 Giugno, 2016 - 1 Commento

QUALCHE IDEA SPUNTA
PER RIDARE VITA
A UNA DECREPITA LATINA

 
paForse è quella che si dice una provocazione, e in effetti ne ha tutta l’aria. E’ possibile osare di  toccare le sacre forme della antica Latina, cioè di Littoria, la città nata dalla mente del duce del fascismo e ridotta ai minimi termini dai suoi stracchi discendenti pontini? E’ mai possibile che a  qualcuno salti in mente di alterare le residue antiche forme del centro storico di Latina e mettere
sul tavolo della discussione un suo ripensamento? Ci ha provato l’architetto Ugo De Angelis, che ha presentato un progetto che ha chiamato Esposizione temporanea. Ex tempore. La visualizzazione di un’idea collocandola al centro di un convegno dedicato a Rivitalizzare il centro storico di fondazione, cuore e anima della nostra Città; (Latina olim Littoria, appunto). Per parare in anticipo gli inevitabili strali, Ugo De Angelis ha affidato la presentazione della sua idea al professor Giorgio Muratore, professore di Storia dell’Architettura a Roma La Sapienza, ma senza ripararsi dietro le sue parole, perché ha abbondantemente spiegato che cosa intende per rivitallizzare. La cosidetta Città di Fondazione aveva un tempo l’ambizione di etichettarsi come espressione del Razionalismo architettonico , frase malamente usata da molti, che ritenevano che il Razionalismo fosse nato in Italia e non in Germania; e che il Razionalismo in architettura fosse una specie di Immanuel Kant dell’edilizia, e quindi roba seria, anzi seriosa e noiosa, per cui, dopo averla esaltata come conquista ed emblema del regime (fascista) si è messa di buzzo buono per demolirla. Il risultato di quell’opera di distruzione di un’antica forma, ottenuto dai costruttori della Latina nuova e dagli amministratori comunali (da vent’anni di centro destra; nei precedenti 40 pure di centro destra, ma sotto le spoglie della defunta Democrazia cristiana o del Psi), è ben visibile sotto gli occhi di tutti.
Da una parte c’è la Littoria razionalista che è un ghetto mal gestito, sul quale hanno messo le mani un po’ tutti senza avere idea di quel che facevano, e creando ghetti urbani che si chiamano palazzi razionalisti, che di razionalismo hanno poco; e dall’altra una bruttissima città di pianura sommersa da palazzetti, palazzoni e palazzacci, a volte abusivi, costruiti a come va va, dove va va. E ci hanno messo, nella città razionalista, anche un grattacielo che ormai domina ogni skyline urbano e non puoi più fare una fotografia della città di fondazione che non sia sovrastata dal grattacielo. Punto e a capo.
Torniamo alla provocazione dell’architetto De Angelis: ha preso come luogo topico lo slargo che fu battezzato una quindicina di anni fa Largo Palos de La Frontera, la città spagnola cui Latina è gemellata (sulla carta, perché nessuno se ne ricorda più), una specie di cortile aperto tra le due ali  del Palazzo della ex Intendenza di Finanza, ed ha pensato di poterlo destinare a luogo si spettacolo, sport, promozione di prodotti e quindi mostre, dopo averlo inglobato in una grande struttura trasparente. L’idea, come dicevo, è provocatoria, ma è un’idea e di questi tempi è un tesoro.
Specialmente se servirà, come intendeva essere, una provocazione in questa città ex-città che ha perduto il piacere di discutere di se stessa. Non ne parlano da decenni gli Architetti, né gli Ingegneri,né i Geometri per una analisi critica del passato, del presente e per una idea del futuro che dovranno vivere i nostri nipoti. Una città che ha dimenticato se stessa affidandosi esclusivamente alle mani di costruttori che pensano solo al lucro personale, che a volte rivendono al Comune spazi pubblici che già appartengono al Comune, che trasformano i locali tecnici in superappartamenti, che a volte occupano marciapiedi pubblici con i loro nuovi palazzi, che sognano di fare di Latina un mosaico di piani particolareggiati superintensamente abitati. E’ polemica questa? No, è una amara constatazione. In questo quadro non bello, Ugo De Angelis con le sue idee provocatrici ci fa la figura del rompiscatole, dell’idealista, ma è l’;unico che proponga qualche cosa. E Latina rischia di diventare un grande cimitero sotto la luna, come scriveva George Bernanos; o una giovane città  decrepita, come la definì su un giornale (Il Mattino del 23 ottobre 1950), lo scrittore e storico Angelo Del Boca. Senza che nessuno se ne avesse a male.
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