16 Giugno, 2016 - Nessun Commento

RIMANDIAMO SU STRADA I VIGILI URBANI DI LATINA

polizia localeIl prefetto Giacomo Barbato, commissario straordinario che ha amministrato la città di Latina in quest’ultimo anno, ha presentato la sua relazione a consuntivo della sua faticosa attività. E ha dimostrato che anche Latina può essere gestita saggiamente, pur avendo ereditato un cimitero di servizi inesistenti ma costosissimi. Da periferico osservatore che risiede a Latina da oltre 50 anni, il sottoscritto si permette di addebitare al bravo prefetto Barbato una omissione: quella di non aver emesso un ordine di servizio che restituisse alle strade cui erano destinati almeno la metà dei Vigili Urbani, ormai da tempo scomparsi dai semafori, dai marciapiedi e dai luoghi del lavoro per il quale furono assunti, per essere trasformati in laboriosi produttori di carte amministrative dietro decine di scrivanie. Chissà che il nuovo Sindaco, che uscirà dal ballottaggio di domenica 19 giugno prossimo, non voglia compiere uno scatto di orgoglio e firmare il suo primo provvedimento restituendo alla Città un Corpo di Vigili Urbani ricco di oltre cento unità e diretto da un valido Comandante, che oggi è un generale di corpo d’armata senza il copro d’armata.

10 Giugno, 2016 - Nessun Commento

FORMIA. ESPOSTI NEL MUSEO I NUOVI REPERTI DELLA VILLA DI GIANOLA

(proprietà riservata)

(proprietà riservata)

Il 9 giugno 2016, presso il Museo Archeologico Nazionale di Formia, sono state esposte le raffinate sculture di epoca romana scavate nel sito archeologico di Gianola, presso Formia, e restaurate dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e l’ISCR, con il supporto del Parco Regionale Riviera di Ulisse. Si tratta di cinque ritratti di personaggi maschili vissuti tra il II e gli inizi del IV secolo d.C. e, insieme ad essi, porzioni di pittura parietale e una transenna marmorea rinvenute in frammenti nello stesso sito. La scoperta è avvenuta nel luogo del misterioso Edificio Ottagono, l’ardito padiglione-fulcro dell’impianto di Gianola, villa monumentale su tre livelli affacciata sul Golfo di Formia. Dotata di una peschiera per l’allevamento ittico e di un ambiente termale a ridosso del mare, la residenza fu costruita nel I a.C. da un membro dell’élite urbana o locale, inserendosi nella serie di importanti dimore edificate lungo il litorale formiano e gaetano. I ritratti appartengono a un periodo pienamente imperiale, e costituivano, evidentemente, parte di una “galleria di famiglia”, come sembra dedursi dalle affinità fisionomiche che accomunano tre dei personaggi; l’esemplare più antico, invece, raffigura l’imperatore Commodo (161-192 d.C.) in età giovanile.

31 Maggio, 2016 - Nessun Commento

I GRAFFITI SUL TEVERE DI KENTRIDGE ARTE CONTRO BANCARELLE E IGNAVIA

 
la lupa di kentridgeIl Tevere dovrebbe essere una straordinaria risorsa anche come "struttura" di servizio urbano di Roma. Resta, invece, sempre un apparato di estrema periferia al centro della Capitale d'Italia che in questo modo dimostra di essere solo una entità provinciale. Il caso più evidente è costituito dai graffiti che l'artista sudafricano William Kentridge ha realizzato con un autentico colpo di genio sugli altissimi muri che fiancheggiano e contengono il biondo fiume. Si tratta di colossali raffigurazioni di alcuni episodi della plurimillenaria storia di Roma, dalla Lupa di Romolo e Remo fino alla Dolce Vita di Federico Fellini. La genialata viene dal fatto che per realizzare le sue opere Kentridge non ha fatto ricorso alle vernici, ma solo ad un’opera di pulizia dei muri. Questi sono abitualmente coperti – da bianchi di pietra che erano all’origine – da una patina nera e consistente fatta di muschi, licheni, smog, che li ha resi neri e tetri e che danno il senso dell’abbandono e dello sporco. Kentrige ha pensato che togliendo via la patina nei punti opportuni – anziché aggiungere vernici da graffitari qualsiasi – avrebbe raggiunto un doppio risultato: realizzare opere d’arte; ed eseguire una operazione di igiene urbana. Ed ecco, quindi, che chi scende sulle banchine che costeggiano il Tevere si trova davanti – tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini – una parata di opere di grandi dimensioni (parecchi metri in altezza e larghezza), che suscitano stupore e ammirazione.
Roma dovrebbe essere grata, dunque, ad un artista che si è speso al meglio e che ha realizzato anche  una curiosità che si aggiunge al gigantesco patrimonio di storia e cultura di quella che è stata la Capitale del mondo intero. E, invece, che cosa è accaduto? Che è stata autorizzata una parata di bancarelle che, restringendo la banchina lungofluviale, riducono al visitatore la capacità di percepire ad adeguata distanza tutta l’imponenza delle varie figure effigiate grattando lo sporco e mettendo in luce il bianco della pietra sottostante. Una piccola e volgare operazione di bottega che ha involgarito un segno artistico proprio là dove poteva essere tranquillamente evitato. Ma non basta.
Kentridge non ha ricevuto neppure l'onore di una pulizia delle ripide e lunghe scale che conducono dal Lungotevere fino alla banchina. Per scenderle bisogna turarsi il baso, perché sono autentici orinatoi. Non solo:; appena si scende l'ultimo scalino, se non si sta attenti si rischia di essere travolti da una bicicletta o da un runner o da un jogger che percorrono numerosi la pista pedonale-ciclabile che inizia proprio dove finiscono le scale. Non è un solo cartello che indichi il pericolo. E infine: nessuno ha pensato che un’opera strana e importante come quella di Kentridge avrebbe meritato la spesa di qualche euro per istallare frecce direzionali e indirizzare i turisti e gli stessi romani in modo adeguato. Se non sai chi è Kentridge e che cosa ha fatto, non vedi nulla. Al Comune di Roma non frega niente. Che peccato!
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