16 Gennaio, 2015 - 1 Commento

IL LAZIO “SOTTO” LA CAMPANIA
RIVINCITA DI FRANCESCHIELLO

Francesco II di Borbone visita le devastate batterie della piazzaforte di Gaeta, ultima capitale del suo regno (gennaio 1861).

Francesco II di Borbone visita le devastate batterie della piazzaforte di Gaeta, ultima capitale del suo regno (gennaio 1861).

La vendetta si serve fredda, dice un cinico motto. I Borboni di Napoli potrebbero consumare la loro dinastica vendetta contro l’ Italia Unita, usufruendo degli stessi strumenti di cui quella si serve per fare le proprie riforme istituzionali. Il tutto grazie ad una curiosa e inspiegata iniziativa di due deputati che triturerebbero il Lazio in tre sottoregioni: una da accorpare al nord (Toscana, Umbria), una da lasciare (microscopica e presuntuosa: Roma Capitale) e una (il Lazio sud, Frosinone e Latina) da accorpare alla Campania. Vi è della nostalgia in quest’ ultima idea. Franceschiello (Francesco II di Borbone, ultimo re di Napoli, che, malgrado il nomignolo irridente, non si batté male dagli spalti di Gaeta contro i Piemontesi) farebbe salti di gioia nel suo avello, constatando che con un colpo “unitario” la sua Campania “metterebbe sotto” il Lazio e riconquisterebbe tutto quel territorio che gli fu sottratto con la guerra per l’ Unità d’Italia, conclusasi a Gaeta nel 1861; e si vendicherebbe anche del fascismo, che nel 1926-27 soppresse la provincia di Caserta (Terra di Lavoro) e “annetté” alla provincia di Roma tutti i comuni campani che andavano da Castelforte a Monte San Biagio, inclusi Formia, Gaeta, Minturno, Fondi ecc. ecc. Coloro che dal secondo dopoguerra si stanno vanamente battendo per costruire una nuova provincia laziale spaccando in due l’ attuale provincia di Latina e creando una provincia meridionale aggregata a Cassino, vedrebbero riconosciuti i loro sforzi che iniziarono nel settembre 1944, tre mesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con una richiesta partita da Formia e diretta al Governo in cui si rivendicava persino la “diversità di razza” tra i “pontini” e gli “aurunci”. Di razza aveva parlato, come qualcuno ricorderà, anche il fascismo con le leggi del 1938 contro gli Ebrei. Una lugubre rievocazione di cui nessuno si pentì. Conclusione: speriamo che ce la caviamo, e che se le macroregioni dovranno modificare la geografia istituzionale, le scelte siano altre. Non mi va di dire tutte le possibili ragioni, perché rischierei di essere frainteso. Ma una sola la vorrei citare: lasciate in pace questo povero Lazio, perché subisce da sempre periodici smembramenti e accorpamenti. Ora che ci stiamo abituando a chiamarci “laziali”, lasciatecene la soddisfazione.

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