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16 Marzo, 2015 - Nessun Commento

UN CANNONE FRANCESE NEL GARIGLIANO DOPO LA BATTAGLIA FRANCO-ISPANICA

IL ponteNel corso di indagini subacquee compiute nel 1967 nel fiume Garigliano dal domenicano statunitense Dominic Ruegg, furono rinvenuti, con molti altri oggetti, un cannone di bronzo, da lui descritto come avente forma ottagonale, lungo circa tre metri; e 18 palle di cannone di ghisa, che si trovavano nei pressi dei pali che appartenevano, probabilmente, a un ponte romano. Il cannone non poté essere recuperato. ma Ruegg si propose di farlo nella stagione successiva, prevista per il 1968; purtroppo, però, la stagione “successiva” ebbe luogo soltanto nel 1971. A quel tempo, però, il cannone non fu più ritrovato, non si sa se a causa della corrente o di ladri archeologi. Ogni ulteriore ricerca negli anni successivi rimase senza risultato.

Nel 2001, a Minturno, nella Sala comunale,  ebbi il privilegio di presentare, presente il ricercatore, i risultati delle indagini subacquee di Ruegg. In quella occasione l’archeologo si chiese se fosse possibile individuare un avvenimento storico cui ricollegare quel cannone e i proiettili che con tutta probabilità gli appartenevano. E provò ad enunciare una teoria, poggiata su basi storiche piuttosto attendibili. Nel 1955, Ruegg visitò l’Abbazia di Montecassino e vi osservò un monumento sepolcrale dedicato a Piero de’ Medici, vissuto dal 1471 al 1503. Perché un Medici era sepolto lì e non a Firenze? Perché Piero de’ Medici morì annegato nel Garigliano il 29 dicembre 1503, e questo spiegava le ragioni della sepoltura lontano da casa. Ma spiegava anche qualche altra cosa. Nella organizzazione militare dell’epoca, l’artiglieria campale aveva una parte sempre più importante, e i Francesi vantavano una supremazia, in quanto potevano schierare una novità, ossia un modello di cannoni di bronzo di nuova concezione e relativamente leggeri, che erano montati su carri a due ruote trainati da cavalli. Insomma, era il concetto di artiglieria da movimento, rispetto alla precedente, statica. Il cannone del Garigliano assomigliava per materiale , dimensioni e foggia a quelli che sfilarono per Roma. Nel 1501 Piero de’ Medici ricevette da Luigi XII di Francia l’incarico di Governatore di San Germano e del suo distretto, che aveva come centro il monastero di Montecassino, nel quale fu poi eretto il suo memoriale funebre, e nella sua nuova veste Piero si tenne al servizio del re francese nella campagna volta a proteggere dagli Spagnoli le terre del sud Italia. Ma gli Spagnoli, rovesciando le previsioni, il 23 aprile 1503, guidati dal Gran Capitano Consalvo di Cordova, sconfissero i francesi a Cerignola, presso Barletta, riconquistarono Napoli e da lì cominciarono ad avanzare verso Gaeta.  A quel punto, però, i francesi ricevettero rinforzi e si trasferirono sulla costa, per intercettare i nemici prima che raggiungessero la fortezza gaetana. Consalvo organizzò la sua linea di difesa lungo il Garigliano, ma l’incipiente inverno suggerì ai due eserciti di rallentare le azioni, cosicché tra ottobre e dicembre del 1503 i combattimenti ebbero una pausa. I Francesi, accampati attorno alle rovine del teatro romano di Minturnae, ruppero la tregua nei primi giorni di novembre del 1503, quando, dopo aver gettato un ponte di barche attraverso il fiume, e, dopo una preparazione con l’artiglieria, attaccarono gli Spagnoli trincerati sulla riva sinistra. Vennero, però, respinti con gravi perdite. In questa campagna militare, un ruolo determinante lo giocò il tempo meteorologico. A novembre e dicembre, difatti, caddero copiose piogge che provocarono l’impantanamento dei campi e la formazione di uno strato di fango nel quale i pesanti carriaggi si muovevano con grandi difficoltà.  Ad essere soprattutto colpiti furono i Francesi che non potevano manovrare l’artiglieria pesante, che veniva a perdere in questo modo la sua principale caratteristica, la mobilità. Per giunta Consalvo di Cordova ricevette rinforzi e tre giorni dopo Natale, il 28 dicembre, con la protezione di una pesante nebbia, attraversò il Garigliano a Suio, 4 miglia al di sopra del ponte francese. All’alba lanciò un attacco che colse di sorpresa  i Francesi, ai quali non restò che iniziare una caotica ritirata. I problemi peggiori toccarono all’artiglieria che non poté essere trainata a causa del fango. Per salvare i cannoni, si decise di caricarli su chiatte, ma nella fretta non fu possibile trovare un numero sufficiente di imbarcazioni, né uomini che le pilotassero. In definitiva poterono partire solo 10 zattere. Lo stesso Piero de’ Medici fece caricare 4 cannoni su una chiatta, sulla quale s’imbarcò lui stesso: ma forse per l’eccessivo carico, forse perché i cannoni non erano bene ancorati, la zattera si rovesciò, Piero finì in acqua, e, trascinato anche dal peso dell’armatura, annegò. Il corpo non fu mai trovato. Secondo lo storico Piero Pieri, che ha studiato la battaglia del Garigliano, le imbarcazioni francesi che arrivarono alla foce del fiume Garigliano di notte, nel buio più profondo, incapparono in una tempesta e affondarono.  E i Francesi oltre ai preziosi cannoni, persero anche più di 300 uomini, annegati tra le onde.IL ponte

 

3 Marzo, 2015 - Nessun Commento

A BARI OPERE DEL COMUNE DI LATINA NELLA MOSTRA SU CAMBELLOTTI

FONTE DELLA PALUDELATINA – Anche Latina sarà presente alla Mostra che si terrà presso il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese di Bari dal 27 febbraio al 14 giugno 2015 “Duilio Cambellotti. Le grazie e la virtù dell’acqua”. L’occasione è il primo centenario dell’anno dell’acqua nelle terre pugliesi, e attraverso la mostra si vuol narrare il lungo percorso artistico di Cambellotti evidenziandone a tutto tondo la sua personalità poliedrica.

Il Comune di Latina ha aderito alla richiesta del Comune di Bari di prestare alcune delle opere di Cambellotti, nella convinzione di far cosa utile per la buona riuscita della mostra stessa, e far conoscere e promuovere alcune delle opere migliori che sono custodite presso i nostri Musei. Tra le nostre opere presenti a Bari, l’esemplare unico in bronzo della “Fonte della Palude”, ideazione tra le più note dell’artista e tra quelle che comportano una più lunga elaborazione, interessando oltre un quarto di secolo dell’attività cambellottiana. Ma anche la zuccheriera e caraffa del 1923 con decorazione con motivo di conchiglie, il piatto circolare decorato in monocromia blu con chiocciola chiusa entro tondo, il piatto con spiga con lungo stelo, e il Manifesto per le scuole per i contadini dell’Agro Pontino. “Per Latina – sostiene l’Assessore alla Cultura Marilena Sovrani – questa partecipazione è motivo di vanto perché premia la scelta di dedicare all’artista un Museo dove sono raccolte una considerevole quantità di opere donate da parte dell’Archivio Cambellotti, che spiccano per qualità e testimoniano l’impegno culturale e civile dell’artista nei confronti dell’Agro Pontino. questa partecipazione deve rappresentare un importante passo verso una politica di promozione del patrimonio culturale che deve proseguire anche attraverso una serie di eventi ed iniziative che siano in grado di rilanciare i nostri Musei”.

20 Febbraio, 2015 - Nessun Commento

Una cartolina al Podestà del Circeo dal campo di concentramento di Visco

cartolinaUna cartolina che reca la data del 22 maggio 1943: è stata trovata in un’ anonima pratica amministrativa del Comune di San Felice Circeo (Latina), bella e nota stazione balneare, ricordata dal mito come la patria della Maga Circe, e del lungo soggiorno di Ulisse durante il suo ritorno ad Itaca, messa quasi dirimpetto alle isole di Zannone e Ponza, poche miglia di mare là dirimpetto. La cartolina, inviata al podestà di San Felice Circeo, si fa notare per due ragioni: per la località dalla quale proviene, il “campo di concentramento di Visco (Udine)” e per la scritta che ne attraversa la parte destinata alle comunicazioni: “VINCEREMO!”. Come è noto non andò in quel modo, andò molto peggio e forse quel campo è in qualche modo uno dei “bilanciamenti” (orrenda parola per un orrendo concetto) di quel che accadde a fine guerra sul Carso triestino e sloveno. Stavolta a danno degli Italiani, visto che il campo di Visco serviva per internarvi gli “slavi” ostili al fascismo. Non avevo mai sentito parlare di Visco, e se non fosse stato per quella cartolina, sarei rimasto in quella verginità concentrazionaria italiana (il campo di Fossoli era in Italia, ma era tedesco; e San Sabba a Trieste era appena diverso). Sono andato su Internet a cercarvi informazioni ed ho trovato una descrizione di Marco Baroni, fatta nel 2013 a ridosso della “giornata della Memoria” di quello anno. Anche quella è Memoria. Eppure quella descrizione di Marco Baroni ha suscitato reazioni che mi hanno meravigliato, scritte sulla onda di una radicata ma non veritiera convinzione che gli Italiani siano stati sempre “brava gente”, anche quando si trattava di combattere, di ammazzare, di segregare. Siamo uno dei Paesi che hanno provocato il Secondo conflitto mondiale e siamo uno dei pochi Paesi al mondo che hanno sempre evitato di fare esami di coscienza. E basta qua. Per sola curiosità, la persona che firma la cartolina indirizzata al Podestà di San Felice Circeo (e che immagino si trovasse a Visco nello esercizio delle sue “funzioni” di fedele servitore della patria fascista) era davvero una brava persona, che ho anche conosciuto e che ha rivestito incarichi pubblici anche nel dopoguerra in terra pontina. Ne conservo anche un buon ricordo, lui sempre sorridente, gioviale, cordiale. Spero che abbia mantenuto questo suo carattere anche dietro le recinzioni di filo spinato di Visco.

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