Categoria "Pubblicazioni"
8 Giugno, 2020 - Nessun Commento

IL DIRITTO ALLA PIPI’

cenni_foglianoA Latina c’e’ uno splendido parco nato dalla Natura e dalla storia.  E’  il Parco di Fogliano, che rientra nel territorio del Parco Nazionale del Circeo. E’ un autentico polmone verde per la città e per tutto il territorio. Ha subìto la sorte di tutti i parchi nel  periodo della chiusura totale per Coronavirus è stato vietato al pubblico. Avrebbe dovuto riaprire i cancelli insieme a tutti i parchi, ma è stato aperto al pubblico solo da domenica 7 giugno, con un ritardo inspiegabile.
I visitatori troveranno una ottima novità: dovranno lasciare la macchina non alla fine della strada di accesso, ma in un apposito ampio prato a qualche centinaio di passi prima. Si elimina, così, la brutta immagine di un garage a cielo aperto a due passi dallo splendore della Natura.  Per comprensibili ragioni di distanziamento interpersonale potranno accedervi solo 200 persone alla volta, e questo è, per ora, più che giusto.
Ma i visitatori troveranno anche una antipatica sorpresa: i cinque gabinetti, inclusi quelli per i disabili, resteranno chiusi. Non c’è
modo di gestirli, forse per questione di soldi, forse per altre recondite ragioni. Ma la privazione di questi servizi è davvero intollerabile, soprattutto se i gestori del Parco sono personale della Pubblica Amministrazione. Già quei pochi gabinetti erano abitualmente in cattivo stato di manutenzione (e gran parte della colpa è dei visitatori ineducati o incivili). Ma ora che mancheranno del tutto la situazione è davvero scabrosa e imbarazzante. Se il Parco fosse un qualsiasi esercizio pubblico – cinema, bar, ristorante, pizzeria, teatro – e non disponesse di servizi igienici non verrebbe autorizzato o sarebbe fatto chiudere immediatamente.  Questo la dice lunga sulla situazione difficile che viene a crearsi per le migliaia di persone che frequenteranno Fogliano.

Se è questione di mancanza di soldi, sarebbe da meravigliarsi: in tempi di pandemia non fornire un servizio igienico  elementare grida vendetta. Ma ci permettiamo di dare un piccolo suggerimento: far pagare il servizio con un euro a persona, come si fa nelle stazioni ferroviarie. Si incasserebbero un migliaio di Euro al giorno e si potrebbe assumere personale in grado di manutenere i servizi, specialmente ora che si perdono posti di lavoro.  Perché rinunciare a chiedere un contributo minimo a persone che vengono fin laggiù  in macchina? Perché non assicurare ai visitatori il diritto alla pipì?

8 Giugno, 2020 - Nessun Commento

LA MORTE DI GIANNI DE ROSSI
STUDIOSO DI ANTICHITA’ PONTINE

GIANNI DE ROSSIIl professor Gianni Maria De Rossi ci ha lasciati. E ci ha lasciato tante cose alle quali aveva dedicato la sua attenzione di studioso anche di cose, luoghi, ambienti della provincia di Latina. In particolare di Ventotene, di Fossanova, della riviera monumentale. Il suo “Torri costiere del Lazio” è ancora un libro quasi unico, pur in un denso panorama di attenti scrittori di quella serie di costruzioni medievali e rinascimentali che furono le torri di guardia che i Pontefici fecero costruire per avvistare tempestivamente gli scorridori turchi o africani, per dare l’allarme, per preparare le popolazioni dei centri più vicini ad affrontare invasioni brevi di
durata e feroci nella esecuzione, che fruttarono rapine, rapimenti e incendi. Gianni De Rossi ai è molto dedicato alla sua passione di archeologo, dedicando tempo e studi alle Isole Pontine, che guardava con l’occhio dell’appassionato di storia antica. Sua è la firma della creazione e organizzazione dell’Antiquarium comunale di Ventotene, nel quale sono raccolte numerose testimonianze, piccole e grandi, della presenza di Giulia, figlia dell’imperatore Augusto, che le aveva fatto costruire una grandiosa villa sulle coste tufacee nord orientali dell’isola. Le cose scampate alle settecentesche raccolte antiquarie dell’ambasciatore inglese Lord Hamilton, col permesso dei Borboni padroni dell’isola, sono confluite nel piccolo ma ben allestito museo, dove sono contenute le altre testimonianze della presenza romana su Ventotene e lungo il suo mare, nel quale numerose onerarie affondarono. Libri molto dotti e molto colti firmati da De Rossi hanno raccolto la sua sapienza storica, esercitata col gusto della buona editoria e del dettaglio artistico. Docente di topografia all’Università di Salerno, Gianni De Rossi era innamorato anche di Fossanova, dove viveva le sue
giornate di riposo in un buen retiro messogli a disposizione da quella mecenate che fu Emanuela Di Stefano Verga, Signora del borgo medievale che si raccoglie attorno alla splendida abbazia gotico-cistercense. A essa De Rossi ha dedicato molti studi, anche qui confluiti in un piccolo ma sapiente museo, che racconta la storia che collega la romana Privernum all’abbazia cove morì San Tommaso d’Aquino. De Rossi è morto a Roma, sua città natale, al termine di un tormentato e doloroso percorso di malattia.
E’ certamente un Uomo da ricordare.
3 Maggio, 2020 - Nessun Commento

LA CUCINA PAPALINA
E I DOLCI DI GAETA
NEI LIBRI DI BRUNO DI CIACCIO

la cucina al tempo dei borbonidi ciaccioBruno Di Ciaccio ha ora il diritto di chiamarsi scrittore-gourmet o magari gourmet-scrittore a quattro stelle. La quarta stella si chiama col titolo curioso di “Quinto quarto e ingegno”. Il sottotitolo è “La cucina papalina”  pubblicato dall’Editore Cuzzolin. Inoltre ha stampato un opuscolo che si chiama “Pane, dolci e gelati nelle tradizioni di Gaeta”. Ormai si è fatto una ottima fama: i suoi libri li chiedono un po’ dappertutto e chiedono anche la sua presenza, a volte faticosa perché deve fare lunghe sgroppate in Sicilia, in Calabria, a Napoli e dovunque lo chiamino per parlare di storia della cucina. Soprattutto nel Sud Italia, perché i suoi primi libri erano dedicati alla Cucina di Gaeta e alla Cucina al tempo dei Borboni. Per questa ragione (non va dimenticato che Gaeta è stata l’ultima capitale del regno delle Due Sicilie, fino al febbraio 1861, quando il Regno di Napoli firmò la resa ai Piemontesi nella storica ma ormai trasandata Villa Rubino, nella vicina Formia, e nacque l’Unità d’Italia. La formula di Bruno Di Ciccio è semplice ed efficace: una parte dedicata alla rilettura delle tradizioni gastronomiche dei luoghi prescelti, fatta attraverso tutto quello che riesce a consultare: libri antichi e moderni, giornali, gazzette d’epoca, pubblicità. Ed è già un gustoso antipasto, al quale si accompagnano immagini di documenti e di pagine antiche, personaggi, disegni curiosi e “seri”; e la parte che fa da clou dei suoi libri, ossia la ricerca e la descrizione puntuale dei vari piatti di tradizione, accompagnata dagli ingredienti e dalle porzioni, da una fotografia di un piatto pronto e da una breve ma esauriente spiegazione di come si arriva dagli ingredienti al piatto pronto per andare a tavola.

Per la cucina papalina (diciamo anche laziale) ha apparecchiato una tavola immaginaria contenente decine di squisite ricette, la più parte ancora utilizzabili e ghiotte, ma alcune che sono un prezioso retaggio di ricordi d’un tempo. C’è proprio tutto, dai rigatoni alla pajata alla coda alla vaccinara alle “fregnacce” di Rieti. E per i dolci e i gelati, ha fatto in fretta; voleva completare la serie di argomenti ma evidentemente gli è mancato il tempo di dedicarsi a queste ricerche più complicate perché non sono molti i dolci che conservano ricette e ricordi e che sono parte della storia della gastronomia. Ma non gli è mancato il tempo per ricordare dei biscotti che sono durati fino ai primi decenni del Novecento. Tra essi i Biscotti Serapo, prodotti da Giovambattista Di Ciaccio (come si vede l’arte scrittoria di Bruno ha dei precisi riscontri nei cognomi di un tempo). I Biscotti Serapo erano un cadeau che chi veniva a Gaeta non poteva non comprare. Erano confezionati nelle classiche scatole di latta, con una bella immagine di Gaeta impressa su di essa. Insomma, il piacere del mangiare si accompagna al gusto delle piccole scoperte che fanno la storia di una città. E di un’arte E Bruno Di Ciaccio ci è riuscito alla perfezione.

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