25 Dicembre, 2020 - Nessun Commento

PENSIERINI DI NATALE

Sono cattolico (a differenza di Corrado Augias che a volte brucia la sua intelligenza ripetendo in ogni trasmissione alla quale partecipa “Io non sono cattolico”, evidentemente sbagliando a dire. Perché se dice “non sono cattolico”, poi deve aggiungere di essere luterano, calvinista, ortodosso o una delle piccole chiese che ancora distinguono i Cristiani; oppure deve dire direttamente: “Sono ateo”, cioè non credente. Ecco, Augias potrebbe dire quante volte vuole “Non sono credente” e nessuno gli dirà alcunché, perché avrà esercitato la sua libertà di pensiero dicendo di non avere interesse alla religione.
Ma gli do atto che, invece, si interessa molto alla religione cristiana, perché ha scritto almeno tre libri, di quelli che conosco, non contro la religione, né contro il cristianesimo, cattolico o protestante che sia, ma illustrando – sia pure un po’ a proprio modo –
temi e argomenti che riguardano molto da vicino la religione cristiana di matrice cattolica.

* * *
Tutti, più o meno,  abbiamo seguito le restrizioni (giuste) venute per queste festività. In particolare a proposito del giorno di Natale, particolarmente sacro per la religione Cristiana e in modo particolare per il Cattolicesimo, gli Italiani (quelli governativi, quelli antigovernativi e gli stessi Governanti), che normalmente si definiscono cattolici a parole, di che cosa si sono preoccupati ? Non già perché la parte “religiosa” di queste feste, che sono un omaggio alla nascita (Natale, appunto) di Gesù detto il Cristo (o messia) venuto sulla terra per redimerci; non già per chi ha “inventato” queste feste, che nascono pagane come giorno dedicato a quello che veniva chiamato “dio Sole”, ma a tutt’altra cosa.

La Chiesa cattolica e alcuni (e non pochi) suoi fedeli cristiani avrebbe desiderato che anche in questo Natale potesse rispettarsi la
tradizione della celebrazione della Nascita del Nostro Signore Gesù detto il Cristo con la Santa Messa della Vigilia, nelle ore
tradizionali, che sono le ore di attesa che venga il giorno in cui si vuole che il Bambino Gesù sia nato. Ma il problema Covid lo ha
impedito, e la Chiesa cattolica ha accettato in perfetto spirito di adesione con l’azione politica del Governo, senza protestare e
allineandosi ai doveri comportamentali imposti dalla pandemìa. E invece molto, troppo chiasso si è levato dalla parte di chi difende non quel Natale, ma l’economia, senza pensare che l’economia non esiste se l’uomo è morto. E la battaglia anti-Covid è una battaglia contro la morte, che impone chiusure e sacrifici, ma salva la vita. Il chiasso che chiedeva il rispetto delle “tradizioni di Natale” non è venuto dai credenti, nel nome delle proprie convinzioni; invece, è venuto da chi voleva salvare il Cenone della Vigilia e quello del Capodanno. Si sono ribaltati, cioè, tutti i valori. Il Natale è diventato il simbolo delle grandi mangiate, dei luculliani, degli chef, delle ricette audaci e fantasiose, del tutto esaurito a banchetto. Questo dimostra quanto secolarismo si sia raggiunto in una società come quella che viviamo. Un secolarismo che continua a distruggere valori vecchi ma vivi da più di duemila anni, che hanno proprio consentito il passaggio di questi duemila anni. Ma ognuno sceglie i valori che preferisce: chi un pensiero intimo e una riflessione di fede, e chi lo zampone e il salmone con la fettina di burro, lo stinco di maiale e il prosecco nazionale.

1 Dicembre, 2020 - 2 Commento

L’ECCIDIO DI COSTARELLA A TRIVIO: NON FURONO LE SS MA UN REPARTO DELLA 94^ DIVISIONE DI FANTERIA TEDESCA

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Lo scorso ottobre Formia ha ricordato uno degli eccidi di cui si resero responsabili reparti armati tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. L’episodio è ormai noto come “L’eccidio della Costarella”, il rilievo collinare alle spalle di Trivio e di Maranola, dove vennero radunati nove uomini che avevano tentato di sfuggire al rastrellamento di forze di lavoro coatto da impiegare sulle propaggini tirreniche della Linea Gustav. Qui, dal Novembre 1943 fino a maggio del 1944, si svolse una sanguinosa serie di scontri tra le truppe germaniche assestate sulla linea invernale dopo che Napoli era caduta in mani alleate, e le stesse truppe alleate. La resistenza sulla Gustav, che sfruttava le asperità collinari e montane che da Cassino scendono fino al mare del Golfo di Gaeta,  accompagnando il
fiume Garigliano, e che impedivano agli Alleati di schierare in campo l’enorme parco meccanico (tank, cingolati, jeep, autocarri, semoventi  e quant’altro) di cui disponevano e che sovrastava quello tedesco, la resistenza, dicevo, venne meno dopo l’11 maggio 1944 quando lo schieramento alleato lanciò l’offensiva finale. Furono soprattutto i reparti di goummiers del Corps Expetitionnaire Française ad operare la prima frattura della linea di difesa sulle colline che circondano Castelforte, e nel giro di 48 ore il Comando germanico dette l’ordine generale di ripiegamento per evitare di essere circondato e  neutralizzato.
Nelle precedenti lunghe settimane invernali la forza d’urto alleata fu frenata da una feroce ed abile difesa tedesca che costò molto sangue alle truppe anglo-americane e francesi. Ma costò molto anche alle popolazioni dell’entroterra aurunco-pontino (Castelforte, SS Cosma e Damiano, Minturno) e della Ciociaria, e a quelle rivierasche (la stessa Minturno, Formia, Gaeta) che furono martellate dai cannoni e dalle incursioni aeree alleate, e subirono numerosi rastrellamenti tedeschi che volevano procurarsi manodopera coatta per rinforzare le difese. Il 26 novembre 1943 un reparto armato tedesco si portò nell’abitato collinare formiano di Trivio per rastrellare uomini. Alcuni di essi, avvedutisi dell’operazione in corso, cercarono di sottrarvisi fuggendo verso l’alta collina, ma i tedeschi se ne accorsero, li inseguirono e li catturarono. Erano in otto e i loro nomi si ricordano ogni anno: Ersilio Fiiosa di 18 anni,Giovanni Filosa di 73 anni,  Francesco Filosa e Antonio Guglielmo, di  38 anni, Salvatore Marciano di 37 anni, Alfredo Lagni di 35 anni,
Angelo Nocella di 34 anni e Luigi Filosa di 30 anni. Furono catturati, radunati su uno spiazzo in montagna e, alla presenza dei parenti e di altri cittadini, vennero massacrati a colpi di mitra come “insegnamento” a chi avesse voluto imitarli.
Di quell’eccidio si parla abitualmente attribuendolo alle Schutz Staffeln, le famigerate SS. Ma una ricerca più accurata condotta da
Lorenzo Tonioli, di Bologna, ha quasi definitivamente accertato che le SS, stavolta, non c’entravano affatto. Secondo gli studi del professor Lutz Klinkhammer, studioso di stragi naziste in Italia e autore di una ricerca sulle truppe tedesche operative in Italia, nella zona di Formia in quel periodo non esistevano reparti stabili delle SS, ma, piuttosto, secondo il data base dell’Istituto Storico Germanico di Roma, una batteria del 49mo Reggimento corazzato e soprattutto la 94ma Divisione di Fanteria “che era presente anche a Trivio e Maranola”.
La conclusione, quindi, è che con tutta probabilità l’eccidio fu consumato da uomini di questa unità militare. Non va dimenticato che il 26 novembre 1943 è una data molto vicina a quella del 13 ottobre in cui l’Italia del Regno del Sud, il cui governo era guidato dal generale Badoglio, aveva dichiarato guerra alla Germania, per cui i tedeschi da alleati erano divenuti nemici e sicuramente questa circostanza pesò molto sul radicale cambiamento dei rapporti tra militari occupanti e popolazione civile. In provincia di Latina tra il 1943 e il 1944  si registrarono altre tre stragi documentate: a Cisterna di Littoria (febbraio 1944, 11 uomini e una donna mitragliati  e finiti a colpi di granata in località Pratolungo); a Santa Maria Infante (Minturno) pochi giorni dopo l’eccidio di Cisterna furono rastrellati e uccisi uomini, qualche donna e persino un bambino, sorpresi mentre cercavano di recuperare qualche cosa dalle case che avevano dovuto abbandonare; e a Borgo Montenero (San Felice Circeo), dove furono trucidati, al termine di una drammatica decimazione su venti uomini rastrellati, cinque uomini che furono fucilati alla presenza della folla fatta radunare perché traesse conseguenze da quel tragico “esempio”.

30 Novembre, 2020 - Nessun Commento

RICORDO DI SCIPIONE SALVAGNI, UCCISO DAL COVID 19

scipione salvagni
Questo è un ricordo di Scipione Salvagni di Bassiano, farmacista e umanista, come ne fa memoria il suo amico e collaboratore Mattia Pacilli, anch’egli di Bassiano. Io stesso ho sollecitato questo
affettuoso memoriale. Ho conosciuto Scipione Salvagni come creatore di una cosa nuova a Bassiano: un Premio che si chiamava “Il Grottino d’Oro”, quando di questi premi ve n’erano davvero pochi, e nessuno in provincia di Latina. Bassiano divenne per alcuni anni centro di un mondo dello spettacolo e della cultura come pochi altri. Poi conobbi anche un altro Scipione Salvagni.
Fu quando l’Ente provinciale che dirigevo volle presentare a Bassiano un progetto che si chiamava “L’altra faccia della Provincia”, che puntava alla promozione della offerta turistica  collinare, come integrazione e compartecipe di quella fondata sul nostro bel mare. Era la prima volta in assoluto che si progettava qualcosa di organico per la collina, e lo sforzo del mio Ente era stato premiato con un finanziamento regionale che aveva portato alla creazione di quasi cento itinerari a piedi nei monti Lepini, Ausoni e Aurunci; alla loro illustrazione in apposite guide e descrizioni; alla formulazione di un piano che avrebbe dovuto essere poi affidato alla gestione delle Comunità Montane (e chi meglio di loro?), ma che, purtroppo, è andato lentamente spegnendosi. Presentai il piano, gli obiettivi, gli strumenti e poi si aprì il dibattito. Scipione Salvagni era presente come presidente della Pro Loco di Bassiano. Mi aspettavo qualche considerazione positiva; invece Scipione mi attaccò con una polemica tanto dura quanto inattesa e direi anche immeritata. Scipione sorprese tutti gli astanti, oltre me. Ricevetti le scuse a convegno chiuso, e non conservai alcun ricordo di quel gesto che appariva inospitale e oggettivamente ingiusto. Prevalse in me la considerazione di quelle scuse che mi furono rivolte (ma mi ero difeso in aula anche con mie parole non propriamente concilianti). Poi si ristabilì tra noi un rapporto molto più amichevole. Scipione sapeva essere molto polemico, ma anche molto signore. Io lo ricordo così, ma ho chiesto al comune amico Mattia Pacilli di fare di Lui un ricordo meno convenzionale e più “storico”. E’ quello che offro alla lettura di chi vorrà leggerlo. Lo trovo molto elegante e molto bello. (P.G.S.)
IL RICORDO DI MATTIA PACILLI DA BASSIANO
Ciao, amico Scipione,
 
farmacista-umanista, uomo di pace
e operatore di cultura!
Ciao, amico Scipione,
– Peppino, stai scrivendo qualcosa, visto che pensi da dieci
minuti?
– Non so come iniziare, Dotto’!
– Ma che dice la maestra?
– Tema: La mia famiglia. Svolgimento.
– Beh! Che c’è di difficile?
– Non so come iniziare, ti ho detto, Dotto’!
– Forse puoi cominciare dicendo che la tua
famiglia, per esempio, è semplice e povera.
– No, Dotto’, semplice e povera, per esempio, sarà la tua di
famiglia, perché io ho… no mio padre ha cento o duecento
pecore, oh!
 
– Scusami, ho sbagliato. Allora, prova a scrivere di questo
grande gregge che, dopo le lezioni, pascolate anche tu e i
fratelli per dare una mano a papà e mamma che non possono
farcela da soli, immagino!
– Grazie, Dotto’! Ecco, scrivo subito!
Sto per entrare nella farmacia di Bassiano – un pomeriggio dell’aprile 1971 – e, sulla porta, rubo lo scambio di battute tra il
Dr Scipione Salvagni e un pastorello di nove anni che fa i compiti nel retro-bottega. Il farmacista mi si avvicina, strizza l’occhio
divertito e allarga le braccia nella resa: il piccolo sa di essere povero, ma perché dovrebbe ammetterlo?
Gli chiedo se dà ripetizioni gratuite. Mi risponde di sì, ma solo ai figli degli svantaggiati, per onorare la tradizione familiare. Tra
fine Ottocento e inizi Novecento, suo nonno Paolo – anche lui farmacista – qui leggeva il giornale a pastori, contadini e artigiani
analfabeti; in parrocchia dirigeva la corale e, nella sede sociale, la banda da lui creata. Lo faceva, convinto che l’informazione e
l’educazione musicale potevano concorrere ad elevare e dare coesione agli abitanti di Bassiano, con i quali produrre il senso
d’appartenenza comunitaria. Mi complimento per la bella sensibilità umanistica di nonno e nipote in una farmacia – centro culturale. Lui ribatte, pronto, che è simile a quella che io esprimo al rientro serale dall’insegnamento romano nella Comunità base 6 – L’amicizia nel dialogo. Si riferisce al gruppo d’animazione socio-culturale che ho avviato nell’estate del 1970, per alfabetizzarmi con adolescenti giovani e adulti dei due sessi, di mestiere e livello d’istruzione differenti, in base al principio dell’educazione permanente: “Apprendere gli uni dagli altri lungo tutto l’arco della vita”.
Come vedi – conclude il dottore, sguardo buono e sorriso naturale nel viso disteso d’operatore di pace – tra mio nonno, me e
te c’è parentela spirituale!
 
Da allora ai primi due decenni del 2000, gli spettacoli teatrali e di danza (con la regia del fratello Paolo, direttore artistico del “Teatro-Grotta”), i concerti jazz e di musica classica proposti dacomplessi italiani e stranieri, le mostre e i convegni punteggiati di  pranzi e cene rendono la struttura polivalente adatta a soddisfare le esigenze dello spirito e dello stomaco.

In alcune delle fasi elencate, ho l’onore di collaborare con Scipione (in particolare, per otto anni dirigo il suo Centro di Documentazione). Ma, anche nel periodo della distanza operativa, continuiamo a trovarci grazie alla sapiente mediazione della
moglie, professoressa Maria Mundo: che fa da ponte tra noi e, come maestra d’arte culinaria e dolciaria siciliana, dispone che la
condivisione di quanto maturato in autonomia avvenga a tavola. L’auspicata ripresa del lavorare insieme nella stessa officina
culturale è preparata anche dal ripetuto invito dell’amico a presentare i miei libri (su Bassiano, l’Europa, i Cammini di
Santiago, Aldo Manuzio, l’animazione socio-culturale) nella  sala- conferenze della Locanda.

Due anni e mezzo fa, mi coinvolge per allestire nello stesso spazio la “Biblioteca Paolo e Scipione Salvagni” (seimila volumi
disponibili alla pubblica consultazione). E, nel contempo, mi chiede una mano per formulare una lettera aperta (che firmerà
come Presidente del Centro) al Sindaco Domenico Guidi: per  contrastare la decisione dell’Amministrazione Comunale di
autorizzare la società Inwit, del gruppo Telecom Italia, ad installare un traliccio d’acciaio di 25-30 metri d’altezza per la
telefonia mobile nell’affaccio più suggestivo del nostro territorio: il Piazzale della Croce, ambito dalla riconosciuta valenza religiosa
e laica. La vibrata protesta non ottiene risposta. Allora, il dottore si muove sul piano legale come proprietario della “Grotta Hostaria – Locanda La Bella Lisa”, sulla cui soglia si erge l’orribile pilone.
Il 25 maggio 2018, il Tar del Lazio – Sezione di Latina accoglie il ricorso in base al devastante impatto ambientale dell’attrezzatura;
il 6 aprile 2020, il Consiglio di Stato – al quale si è appellata la società che gestisce l’antenna – lo respinge.
Come lascito alla memoria comunitaria, in estate concordiamo la redazione, la stampa e la diffusione del volumetto C’era una
volta, a Bassiano, Piazzale della Croce. Titolo così completato in quarta di copertina: Oggi, a Bassiano, c’è Piazzale dell’Antenna.
La pubblicazione denuncia l’insulto intollerabile consumato ai danni dello spirito del luogo. È l’ultima battaglia del novantenne e
instancabile cittadino bassianese Scipione Salvagni, in difesa del patrimonio ambientale.
Purtroppo, nella seconda metà dello scorso ottobre, la maledizione del Covid-19 che affligge il pianeta lo colpisce a tradimento. I suoi polmoni non reggono l’urto e, all’alba del 17 novembre 2020, il vecchio farmacista, moderno umanista e operatore di cultura si spegne. Il vuoto che lascia è grande e, per colmarlo, alla moglie Maria e agli amici non resta che continuare a realizzare i sogni accarezzati con lui nei decenni. E così tenerlo vivo nel ricordo di quanti, a Bassiano e fuori, l’hanno conosciuto e apprezzato.

Ciao, uomo di pace, amico d’antica data! Addio fratello maggiore! Che il sorriso regalatomi in farmacia negli anni settanta
del Novecento, dopo lo scambio di battute con il pastorello del tema, continui a scaldarmi il cuore e ad illuminare i giorni che mi
sarà concesso ancora di vivere. Che il medesimo sorriso sostenga i tuoi passi nel lungo cammino che porta all’altra sponda.
Ti abbraccia

Mattia

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