Archivio per Settembre, 2020
21 Settembre, 2020 - Nessun Commento

PEDEMONTANA DI FORMIA E MINTURNO: CHE FINE HA FATTO IL PROGETTO?

formia strada lungomareCon i programmi di utilizzo dei denari del Recovery Fund è riaffiorata la possibilità di arrivare finalmente al raddoppio e riorganizzazione di una delle strade più intasate e più malandate e pericolose d’Italia: la 148 Pontina Roma-Latina. Questa strada era stata tracciata fin da prima della Seconda guerra mondiale per collegare l’area della Bonifica Pontina alla periferia sud di Roma, in vista della Esposizione Universale E42 che avrebbe dovuto aver luogo nel 1942.  Ma gli eventi bellici la fermarono quando si era cominciato a tagliare le piccole ondulazioni che corrono lungo il tracciato da Pomezia ad Aprilia, tanto che gli Alleati non erano riusciti a capire a cosa servissero quegli scavi che avevano ribattezzato come “Bowling Alley”, ossia il corridoio per il gioco del bowling. Poi la Pontina era stata rimessa nei programmi di costruzione delle strade per creare un asse longitudinale Roma-Lazio sud che integrasse l’unica strada fino allora esistente: la bimillenaria via Appia, ormai non più sufficiente ad assorbire tutto il traffico da Roma alla fascia tirrenica dell’attuale provincia di Latina, per proseguire verso Napoli con la Domitiana Quater (anche essa costruita). La Pontina avrebbe consentito anche di sviluppare i traffici verso l’area di prevista espansione industriale tra Santa Palomba e Aprilia-Cisterna-Latina.

Negli anni Cinquanta del secolo scorso la strada battezzata Pontina fu finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno ed iniziarono i lavori che procedettero con un ritmo incalzante, tanto che prima della fine di quegli anni la strada, nel tratto Roma-Latina,  venne completata e subito dopo ampliata. Un piccolo miracolo di efficienza pubblica e di capacità cantieristica. Non solo, ma contemporaneamente si comprese che la strada non poteva fermarsi a Latina: essa, anzi doveva essere proseguita fino a Terracina e poi fino a Gaeta-Formia, per dare respiro all’area ausona-aurunca e disegnare una direttrice di marcia
completa e alternativa alla via Appia, ormai vecchiotta, e stretta e condizionata dall’attraversamento di tutti i paesi, dai Colli Albani
fino a Minturno. E furono progettati altri due tronchi che l’avrebbero completata: uno era il tratto Latina-Terracina, dove operò
l’Amministrazione Provinciale di Latina, che utilizzò una strada che si chiamava Mediana (oggi anch’essa Pontina), bianca e che doveva servire solo i vari nuclei poderali creati dalla bonifica; ed il secondo da Terracina a Gaeta (con prosecuzione litoranea fino a
Formia), utilizzando parte del tracciato dell’antica via Romana chiamata Flacca dal nome del console che la pensò e la fece costruire. Pontina, Mediana e Flacca vennero terminate in una decina di anni con grandi risultati per l’apertura delle aree meridionali, mentre la direttrice per il Sud dall’interno veniva implementata con l’Autostrada del Sole prima e con l’alta velocità ferroviaria dopo.
Oggi, a distanza di 70 anni dalla costruzione dell’asse Roma-Sud bis, e da troppo tempo, ci si è resi conto che a sud si è creato un
gigantesco collo di bottiglia che si restringe a Formia e soffoca quella città, che sorge su una costa collinare stretta e dove
l’abitato è separato dal mare da una Litoranea che scarica migliaia di autoveicoli civili e industriali che isolano la città dal proprio mare e la costringono in una morsa di ferro che invade il mare e anche l’abitato tra i Venticinque Ponti e il quartiere di Mola e oltre. Si cominciò, così, a ri-parlare (fin da quei lontani anni Cinquanta del Novecento) della necessità di aprire una via che by-passasse il centro urbano di Formia, lo liberasse da quel nodo scorsoio costituito dal traffico giornaliero sempre più intenso, rumoroso e inquinante, e lo deviasse in una strada semi-collinare che fu chiamata Pedemontana.
Il Sindaco Forte negli anni Ottanta giunse ad affiggere sui muri di Formia un progetto di Pedemontana sostenendo che essa sarebbe stata realizzata. Oggi, anno 2020, la Pedemontana è sparita da tutti i progetti e da tutti i programmi pubblici, e non se ne parla più.  Ma finalmente si riparla (anzi vi sono i soldi già disponibili) di una “autostrada Pontina”. Ci sarà qualcuno che comincerà a riparlare di Pedemontana, per salvare Formia e Minturno dalla morte per strangolamento automobilistico, inquinamento e rottura dell’assetto urbano?

FOTO: La Litoranea a Formia: è evidente dal ponte che scavalca il mare davanti la Villa Comunale, l’anello automobilistico che
soffoca Formia e la separa dal “suo” mare.

15 Settembre, 2020 - 2 Commento

LA SCOMPARSA DI FRANCO MARIA RICCI

latina delle delizieùGiovedì 10 settembre 2020, nella sua bellissima casa di Fontanellato (Parma), è morto Franco Maria Ricci, l’editore più elegante d’Italia, e non solo. Aveva i miei stessi anni, ma questo non mi ha affatto impressionato. Mi ha, invece, emozionato la sua morte, perché io sono uno che ha avuto la fortuna di vedersi pubblicati alcuni scritti da lui, Franco Maria Ricci. Accadde nel 1992, quando la Regione Lazio gli ordinò la realizzazione di una collana di quei libri che fanno felici non solo i bibliòfili, ma anche coloro che, comunque, hanno in casa una libreria o un tavolo da salotto sul quale esporre i libri d’arte. Gli Americani li chiamano, per questo, Table Books, libri da tavolo. Molti li comprano non per leggerli, ma per esporli.

L’allora Presidente della Regione Lazio era Antonio Signore, una persona che giudico mica, un minturnese che mi è divenuto anche più simpatico dopo che il Comune di Minturno mi ha fatto l’onore di attribuirmi la cittadinanza onoraria. Era il 3 agosto scorso. Cito non per esibizionismo, ma solo per dovere di cronaca. I sentimenti me li tengo per me, ma voglio dire quello che sto raccontando. A chi interessa. Antonio Signore ebbe la gentilezza di dare a Franco Maria Ricci un suggerimento per chi avrebbe potuto scrivere i testi da pubblicare e dare una mano per scegliere altri eventuali Autori da affiancarmi nella scelta dei temi da trattare e per le fotografie o’ altre immagini con le quali corredare il volume. Anche questo fu un atto di cortesia di Antonio Signore.

Una sera mi sentii chiamare a casa al telefono, era una voce a me sconosciuta, con una inflessione che non apparteneva alle nostre parti. Si presentò: “Sono Franco Maria Ricci, l’editore, mi disse. Non so se…”. Non lo feci terminare. Confesso che ero emozionato e sorpreso, perché lo conoscevo dai suoi libri preziosi, scrigni di arte e di buongusto. Non avrei mai pensato che potesse telefonarmi, all’ora di cena o in qualsiasi altra ora. Mi parlò del libro che avrebbe dovuto editare per la Regione Lazio, Doveva far parte di una collana dedicata alle province del Lazio – Roma, Rieti, Viterbo, Frosinone e Latina. Io avrei potuto essere incaricato di parlare della provincia di Latina, ma aveva bisogno di un progetto di libro: testi, autori, argomenti, iconografia. Mi dette una settimana di tempo. Io spedii il tutto in un paio di giorni. Mi sentivo onorato e obbligato. Proposi di parlare della nascita della Provincia, delle cause che giocavano a suo sfavore, in primis la malaria lungamente endemica, e riservai a me una descrizione delle bellezze e del fascino di questa Provincia. Vantavo a mio favore, una lunga collaborazione con l’Istituto Geografico De Agostini di Novara, che all’epoca faceva ancora solo l’editore di bellissime guide turistiche e artistiche. Mi pareva una buona commendatizia. Gliela detti, insieme alle mie proposte: la nascita della nuova provincia da far scrivere al professor Riccardo Mariani, docente di urbanistica in alcune Università, italiane e straniere, e autore di un libro già noto sul tema: “Fascismo e città nuove” e, prima “Latina, storia di una città”. Il cacio sui maccheroni. Per la malaria si riservò la scelta, e non ebbi proprio nulla da obiettare. A scrivere chiamò una intelligente docente universitaria, Paola Corti.

Gli mandai una traccia iconografica, non solo foto, mi richiamò due sere dopo, stessa ora di cena, e discusse con me le mie indicazioni, il perché e come intendevo svolgere il mio lavoro, e quali ambienti intendevo proporre per le illustrazioni, e perché. Ricevetti l’incarico di scrivere e di curare il libro: fu una grossa soddisfazione, non posso negarlo, presunzione a parte. Di quelle telefonate serali ne ricevetti ancora numerose, puntuali, indaginose, inesorabili: voleva sapere tutto di quello che avrei scritto e tutto di quello che sarebbe servito per illustrare; anche il taglio da dare alle fotografie. Non so quante ore mi trattenne, ma quando mi disse che aveva concluso, mi sentii rinfrancato e molto più sicuro di me stesso. Scrissi nel tempo assegnatomi, mi fece leggere i contributi dei professori Mariani e Corti – ovviamente impeccabili – poi mi invitò a Milano per gli ultimi dettagli e per la selezione delle immagini. Viaggio aereo pagato, dalla mattina alla sera, una faticaccia, ma compensata dalla visita a quella stupenda sede che aveva costruito e imbottito di cose meravigliose, un museo unico al mondo, perché vi erano le cose più belle ed eleganti del mondo. Quando ebbi tra le mani il libro stampato provai una fortissima emozione: è davvero un capolavoro dell’editoria italiana, carta appositamente preparata e solo per il mitico FMR, fotografie bellissime di un giovane e brillante fotografo napoletano, Luciano Romano, stampe antiche. Ero non solo orgoglioso e soddisfatto. Di più.

Ebbi poi la fortuna di sentirmi chiedere un articolo per la sua splendida rivista mensile, che si chiamava col suo nome “FMR”, che letto in francese, suonava “éphémère”, ossia effimero, come tutte le cose belle ed eleganti. Lo dedicai a Ninfa ed è tuttora in circolazione. Ebbi ancora l’occasione di chiamarlo durante la mia presidenza della Fondazione Roffredo Caetani. Lui si era ritirato dall’editoria, la sua prestigiosa casa FMR si era fusa con altri editori altrettanto prestigiosi, lui si era dedicato al suo “Labirinto”, un giardino di canne di bambù grande alcuni ettari, che disegnavano, appunto, un labirinto. Volevamo vedere come unire le sorti di Ninfa e quelle di Masone di Fontanellato. Poi non se ne è più parlato per tutta una serie di ragioni.

Franco Maria Ricci, il raffinatissimo editore e collezionista ha lasciato la scena del mondo. Ma ha lasciato dietro di lui una scia di cose meravigliose che lo ricorderanno molto a lungo.