9 Marzo, 2023 - Nessun Commento

“Latina, architetture e progetti della città di fondazione. 1927-1944”: il libro

IMG_5519 (1)Di Littoria città di fondazione si è molto scritto ed anche con ottime monografie (come per Sabaudia; un po’ meno per Pontinia e Aprilia). Ma forse non  era ancora maturata una visione “libristica” capace di dare una visione informata e tecnicamente neutra, nel senso dei sentimenti che finiscono per prevalere quando si rinnova una ormai inesistente polemica tra Littoria (appunto: “città di fondazione”) e Latina, ossia, ad oggi, 79 dei 91 anni che oggi, 2023, Latina conta. E’ uscito un nuovo libro e i suo titolo è “Latina, architetture e progetti della città di fondazione. 1927-1944”, e delimita quindi il periodo storico al quale si riferisce il contenuto (come si vede dalle date, anche
prima di Littoria che è del 1932). La scheda anagrafica è firmata da “La Casa dell’Architettura”, una organizzazione associativa culturale privata, ideata in primis da Pietro Cefaly, che si è posto l’obiettivo di ricostruire la storia della nascita materiale (edilizia) della città recuperando i progetti dei professionisti che l’hanno disegnata nei loro progetti, ad iniziare da Oriolo Frezzotti, autore del primo Piano Regolatore Generale e del suo aggiornamento nel 1934, quando Littoria divenne il capoluogo di una provincia nuova che arrivava al confine con la Campania. E che si occupa e preoccupa anche di acquisire i progetti in originale dei migliori professionisti che hanno operato nella Latina del dopoguerra. Poi i nomi di chi ha scritto e curato il libro: Ferruccio Bianchini e Marcello Trabucco che ne sono i curatori; poi un Gruppo di ricerca che include numerosi nomi di professionisti, così come quello degli elaboratori grafici; infine il coordinamento scientifico che è stato curato da Marcello Trabucco e da Pietro Cefaly, che immagino sia anche l’ispiratore e il deus ex machina, come presidente della Casa dell’Architettura. Proprio Cefaly firma il saggio introduttivo, “La storia di una città”, mentre l’Indice è articolato su tre grandi temi: Il carattere agreste del
borgo rurale (1932-1934), L’edilizia pubblica e l’edilizia privata nella costruzione della nuova provincia (193-1944), e La città di carta. Integrano testi e fotografie un Regesto cronologico, una dei progettisti e un importante Indice dei nomi.

Molte fotografie illustrano il libro e accompagnano la prima vera descrizione di tutti i singoli palazzi “storici” che ancora connotano (o hanno connotato) il centro “storico” di una Cità che si appresta a celebrare tra 9 anni il suo primo secolo di vita. Non una vita da Far West, come pure qualche illustre articolista ebbe a scrivere negli
anni del dopoguerra, ma una vita avventurosa, tra polemiche mussoliniane sulla sua nascita (il duce si rifiutò di partecipare alla fondazione di una “città” che era estranea al suo programma di fare solo villaggi rurali, ma intervenne pochi mesi dopo alla sua inaugurazione)), celebrazioni annuali che cominciano solo nel 1947 ad opera di un sindaco democristiano, Vittorio Cervone, un Cinquantenario che ebbe un buon successo e un prossimo centenario, di cui non si sa ancora nulla, in attesa che la Città riabbia un Sindaco, dopo le varie beghe politiche che le hanno impedito di averlo pure al termine di una regolare campagna elettorale nel 2021, quando Damiano
Coletta, sindaco “civico” uscente, sconfisse il candidato ufficiale della coalizione di centrodestra e questa reagì dimettendosi e mettendo in crisi l’Amministrazione. Oggi essa è affidata ad un ennesimo Commissario prefettizio che ancora la governa.

Qualche ultima parola sul libro: l’ampiezza del tema e il materiale grafico e fotografico disponibili avrebbero, forse, meritato un formato più importante e meglio leggibile del formato piccolo che mortifica un po’ testi e grafici delle sue quasi 400 pagine.

28 Gennaio, 2023 - Nessun Commento

LATINA, CITTA’ DOVE IL TRAFFICO E’ UNA MALEDIZIONE. PERICOLOSA.

trafficoLatina, città impossibile. Era nata per essere percorsa in bicicletta, ma oggi andare in bicicletta è un azzardo. E’ un pericolo che incombe costantemente. Forse venti o trenta anni fa ci fu un’Amministrazione che collocò alcune “rastrelliere” per parcheggiare le bici. E altre ne sono state messe negli ultimi cinque anni, soprattutto davanti agli uffici pubblici. Sono rimaste inutilizzate. La gente si è disabituata alla bici. Ma il Comune continua a spendere (inutilmente) soldi per convincere i suoi cittadini a muoversi in città con la bici. Ha realizzato un pezzo di
pista ciclabile urbana che nessuno percorre  (anche perché spesso usata come parcheggio dalle auto, come nella foto scattata in Via Cattaneo).  A parte i segnalimite, che i ragazzi di 13-18 anni continuano a calpestare con una proterva volontà distruttiva, al punto che ce ne è rimasto solo qualcuno in centro. Ora il Comune sta realizzando un altro tratto di ciclabile, impegnando piazza del Quadrato. In questo modo continua a sperare di convincere i suoi cittadini, ma i cittadini continuano ad andare in macchina e si lamentano che il Comune, facendo ciclabili, sottragga spazio agli scarsi parcheggi urbani.

A questo proposito, in città si sta notando una autentica invasione di auto. Ve ne sono migliaia che provengono dai paesi periferici (Lepini e città nuove): affluiscono negli uffici, vengono per i mega store che sono stati aperti. E occupano spazi insufficienti anche per i soli residenti fissi. Questi ultimi, a loro volta, si sono così imbolsiti
dopo il Covid (scusa universale per tutte le magagne umane) da non rinunciare alle loro auto neppure per fare a piedi dal Tribunale a piazza del Popolo. E la città rigurgita, letteralmente, di automobili fin dalle 9 del mattino. Le strade sono invase da auto in sosta per ore e ore, in ogni dove, occupando qualsiasi spazio, soprattutto quelli più vietati e pericolosi.

In questo sono aiutati dalla totale scomparsa dalle strade cittadine dei Vigili Urbani.

E la Città è affidata a se stessa e ai propri disordinati e scoordinati cittadini in automobile che hanno, ormai, acquistato un tale senso dell’impunità da commettere violazioni del Codice della Strada ogni volta che si muovono. I più numerosi conflitti con la buona Disciplina? Presto detto:

–        Parcheggiare in tutti gli incroci stradali, ma proprio “sopra” tutti gli incroci stradali

–        Parcheggiare sulle strisce pedonali (in particolare quelle di viale dello Statuto)

–        Aprire lo sportello dopo aver parcheggiato, senza badare se sta venendo un’altra auto o un ciclista o un pedone

–        Cambiare direzione di marcia senza usare le ”frecce”, gli indicatori di direzione

–        Uscire dai parcheggi senza dare la precedenza e senza segnalare la propria uscita

–        Ignorare la precedenza a chi attraversa sulle strisce pedonali (che spesso sono diventate invisibili a causa della mancata riverniciatura)

–        “bruciare” il giallo del semaforo anche all’ultimo istante (e attraversare col rosso). Un tempo questa era una prerogativa degli automobilisti napoletani. Oggi è costume di tutti. Se ci fosse in servizio anche una minima parte dei “Poliziotti locali”, le casse comunali sarebbero sempre piene di soldi provenienti da contravvenzioni.

Ma si va avanti così. E se non vi va bene, arrangiatevi. E fatevi del male.

20 Gennaio, 2023 - Nessun Commento

LA VIA APPIA PONTINA PATRIMONIO DELL’UNESCO?

6G tratto via appia tra fondi e itri gola di s. andreadi Pier Giacomo Sottoriva

Tredici Comuni della Provincia di Latina (Cisterna di Latina, Latina, Sezze, Pontinia, Sabaudia, Priverno,  Terracina, Monte San Biagio, Fondi, Itri, Gaeta, Formia e Minturno) hanno deciso di riunirsi in un Comitato per il  riconoscimento della via Appia Pontina come area di particolare interesse culturale, invocandone il riconoscimento come bene dell’Umanità da salvaguardare.  E’ una iniziativa che non può non meritare un plauso, almeno da parte di chi conosce la via Appia, da Cisterna (Le Castella) al fiume Garigliano. Si tratta di circa 106 chilometri, dai confini nord di Cisterna (Le Castella, km 49,4) al   fiume Garigliano (km 155) che segna i confini con la provincia di Caserta.

Lungo questo percorso esistono segni del passato, a volte modesti ma pur sempre significativi, a volte di grande importanza storica e monumentale (il mausoleo di Nerva, la tomba detta di Cicerone, la città aurunca di Minturnae) che sono, praticamente, dei “fantasmi” per  l’occhio disattento o non allenato a riconoscere le cose belle.
Soltanto pochi di essi sono riconosciuti e riconoscibili, mentre la maggior  parte scompare dietro la mera sconoscenza o dietro le città che li ospitano o gli ostacoli che li nascondono: un guard-rail, un muro, alberi, erba e vegetazione spontanee che li ricoprono.

Ma la stessa via Appia, in sé, sia come manufatto, sia come percorso storico è un monumento a cielo aperto le cui caratteristiche viarie e monumentali vanno sempre più e meglio rivelandosi, sia per un rinvenimento casuale, sia per uno specifico progetto di restituzione.
Negli ultimi anni, infatti, sono stati riscoperti (anche se ne era ben nota l’ubicazione) tratti lunghi o brevi tracciati. Tra essi merita un cenno sicuramente prioritario il tratto della via Appia romana, conservato in modo pressoché integro, all’inizio delle c.d. “gole di S.Andrea”, che iniziano dove la pianura  di Fondi diventa collina e cede la sua pacifica regolarità alle erte volute che i dislivelli compiono, fino al cimitero di Itri.

Si tratta di un segmento di qualche chilometro, abbandonato perché troppo erto, a favore di quelle curve che oggi smorzano l’asperità della salita (o la velocità della discesa) tra Fondi e Itri e che furono nei secoli scorsi anche teatro di agguati briganteschi (l’ultimo fu, addirittura, compiuto nell’immediato dopoguerra, a danni di un’attrice a quei tempi molto nota, Mirella Lotti). L’Appia romana scorre lungo il fianco della collina dirimpettaia, che si
inerpica senza pietà e che all’epoca delle bighe e delle carrozze aveva un senso, mentre successivamente perse quel senso, anche per chiari motivi militari (tanto che nel canalone che divide le due colline fu piazzato un posto fisso borbonico che si oppose, invano, ai Piemontesi e non solo ad essi.

Ma oltre a questo autentico monumento che rivela tutta l’ autorità” dei costruttori di strade romane (l’Appia fu la prima strada lastricata interamente da Roma a Capua, sostituendosi, così, ai fondi stradali in terra battuta), ma l’Appia è ricca anche di “modernità”, come i pochi residui segnali miliari di fine Settecento, fatti impiantare da Pio VI nel corso della sua bonifica. Oggi ne restano, forse, 11, e sono abbastanza protetti da un anonimato che è
sconoscenza e trascuratezza. Altri miliari, romani questi, sono visibili a Mesa e in singoli punti della consolare, e, purtroppo, sono  esposti al rischio dei predatori di beni archeologici, come quello di Foro Appia, che fu letteralmente divelto in una nottata dal sito in  cui era stato collocato dalla Provincia presieduta dal prof. Antonio Caradonna.

Altri tratti di Appia romana sono stati riportati alla luce a Terracina, nella città alta, a Fondi (con un ponte romano), a Itri, mentre alla Portella di Monte San Biagio è visibile un breve tratto di deviazione per evitare la strettoia del posto di guardia. Formia ha ingoiato nella sua divorante urbanizzazione ottocentesca e di inizio Novecento la strada Romana (via Filippo Rubino e via Lavanga) troppo stretta per essere usata dai nuovi mezzi di trasporto. L’eventuale
riconoscimento della via Appia come bene dell’Unesco riporterebbe alla vista (e quindi esporrebbe al pericolo di furti) buona parte di questi beni, ma l’eventuale successo dell’iniziativa dei tredici Comuni sarebbe certamente accompagnata da forme di presidio e di tutela.

Quando svolgevo un altro lavoro  che non il mio attuale di pensionato, in occasione della proclamazione dell’Anno paolino (2008-2009), che ricordava il viaggio di San Paolo da Cesare a a Roma, proposi il riconoscimento dell’Appia come “Itinerario Paolino”, ma la cosa non andò avanti. Mi capitò di rilevare più o meno tutti i segni archeologici o monumentali che la via Appia apre al visitatore e al turista, come fa da oltre duemila anni. E sono risultati che metto a disposizione di chi ha buona volontà e forze diverse dalle mie povere.
Dico, con questo breve articolo, che sono con coloro che vogliono portare avanti il progetto presso l’Unesco. Un po’ di presunzione non guasta, quando c’è la buona volontà.

 

 

 

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