10 Dicembre, 2013 - Nessun Commento

1947, QUANDO I CETNICI LIBERARONO A FORMIA LORO COMPAGNI CRIMINALI

DRAZA MIHAHILOVITCH

Confesso che se non me l’avesse segnalata l’amico Lorenzo Tonioli da Bologna, mi sarebbe del tutto sfuggito, nella mia pure tignosa ricerca di notizie sulla seconda guerra mondiale in terra pontino-aurunca, l’episodio cui sto per accennare. Esso nasce da un piccolo, modesto articolo apparso su un altrettanto piccolo giornale locale di tanti decenni fa. Si tratta del The Cairn Post, La Posta della Carnia, e reca la data del 22 aprile 1947. La notizia che viene data – in edizione inglese – è la seguente: Il titolo “Crininali cetinici liberati dopo un assalto a un treno a Formia”. Il testo, datato 22 aprile da Roma, è il seguente: “Un migliaio di simpatizzanti cetnici dell’ex generale Mihailovitch hanno preso d’assalto un treno nella stazione ferroviaria di Formia, hanno sopraffatto le guardie alleate e liberato 17 criminali cetnici. Un treno, che trasportava il migliaio di Cetnici da un campo nei pressi di Napoli verso la zona britannica della Germania, ed un altro treno che trasportava criminali cetnici nelle isole Eolie si sono fermati su binari adiacenti, e appena il migliaio sentì che il treno-prigione aveva a bordo colleghi connazionali, passarono all’azione. La polizia militare britannica e la polizia italiana sono alla caccia degli evasi, e ne hanno ricatturato uno”. Qui finisce il racconto, ridotto a poche righe, ma che contiene una straordinaria azione di assalto e liberazione di uomini malgrado la stretta sorveglianza militare esercitata dai Britannici. Del tutto sconosciuti i particolari: come sia stato possibile far sostare due treni con quel carico nelle immediate vicinanze; come sia avvenuta la scoperta da parte dei Cetnici che viaggiavano sui diversi convogli; come sia finita la caccia all’uomo. Eppure va sottolineato che siamo già al 1947, tre anni dopo la fine della guerra in quell’area. L’episodio dovette interessare soltanto le Autorità militari, perché non risulta da nessuna parte nella cronaca cittadina, malgrado il suo indubbio clamore. E qui non può che prendersene atto,

I Cetnici e la guerra nei Balcani – Ma chi erano i Cetnici? Per semplificare le cose – e sperando che non vi siano errori, si trascrive quanto ne dice Wikipedia. Dopo che l’esercito monarchico jugoslavo si arrese nell’aprile del 1941, alcuni dei soldati jugoslavi rimasti, per lo più ufficiali di nazionalità serba, si riunirono sotto il controllo del colonnello Draža Mihailović nel distretto di Ravna Gora, in Serbia occidentale, e costituirono il 13 maggio del 1941 l’Esercito iugoslavo in patria (JVUO, Jugoslovenska vojska u otadžbini; cirillico, Jугословенска војска у отаџбини, ЈВуО), fedele al re Pietro II in esilio e pronto a combattere l’occupazione tedesca. Tra il 1941 e il 1943 i cetnici ebbero il supporto degli Alleati. Il Time nel 1942 pubblicò un articolo in cui elogiava i successi dei cetnici e designava il loro comandante come unico portatore di libertà nell’Europa nazi-fascista. A volte i servizi d’informazione alleati attribuivano ai cetnici le azioni dei partigiani comunisti guidati da Tito. Sia Tito sia Mihailović avevano sulla testa una taglia tedesca di 100.000 Reichsmark. I cetnici erano contrapposti a 2 nemici principali: gli occupanti tedeschi e gli Ustaša da una parte, e i partigiani comunisti di Tito, ideologicamente avversi, dall’altra. L’Italia fascista non combatté i cetnici, ma si alleò loro in funzione antipartigiana e (segretamente) antiustascia, poiché l’Italia occupava tutta la Dalmazia rivendicata dagli ustaša. Nell’estate del 1941 l’attività di guerriglia aumentò e i nazisti risposero molto duramente contro la popolazione civile, con delle pene predeterminate: 100 civili serbi per ogni soldato della Wehrmacht ucciso e 50 per ogni ferito. I due movimenti antifascisti, cetnici e partigiani di Tito, dapprima collaborarono (a parole), mentre in un secondo tempo iniziarono a combattersi. Nell’autunno del 1941 i tedeschi iniziarono una pesante controffensiva nelle zone di Ravna Gora e Užice. Mihailović propose una tregua che venne rifiutata e i cetnici dovettero indietreggiare in Bosnia orientale e nel Sangiaccato. Qui vennero in conflitto diretto con gli ustascia. Nella parte meridionale della loro zona d’occupazione, gli italiani strinsero un’alleanza strategica coi cetnici contro i partigiani e (indirettamente) gli ustaša. I cetnici collaborarono anche con il governo fantoccio di Milan Nedić in Serbia. Alla fine i cetnici iniziarono a concentrare i loro sforzi contro le forze partigiane, perfino alleandosi con i nazisti in alcune parti della Bosnia e con gli italiani in Montenegro. Un obiettivo secondario di Mihailović era di preservare il maggior numero possibile di vite serbe, anche se questo voleva dire collaborare con il nemico, e uccidere decine di migliaia di civili musulmani e croati in Bosnia-Erzegovina e in Croazia (la Bosnia Erzegovina faceva allora parte dello Stato indipendente di Croazia) in risposta agli eguali eccidi degli ustascia croati. Gli alleati avevano inizialmente sostenuto i cetnici, ritenuti nazionalisti fedeli alla monarchia in esilio e quindi risolutamente antifascisti, invece dei partigiani comunisti legati ideologicamente all’Unione Sovietica. Un ufficiale inglese paracadutato, Bayley, se ne stava a Ravna Gora e trasmetteva agli Alleati le informazioni tendenziose che gli riferiva Mihailović, il quale vantava come proprie le azioni dei partigiani e minimizzava gli accordi di collaborazione con gli italiani. Nell’inverno 1943 un altro ufficiale inglese, Frederick William Deakin, venne paracadutato erroneamente fra i partigiani creduti cetnici secondo le informazioni imprecise trasmesse dal Bayley, e si trovò nel pieno della offensiva Weiss II proprio sotto il fuoco dei cetnici alleati in quell’occasione agli italiani ed ai tedeschi. Era stata pianificata l’invasione alleata dei Balcani e i movimenti della resistenza erano strategicamente molto importanti, bisognava decidere quale delle due fazioni supportare. Un certo numero delle missioni dello “Special Operations Executive” (SOE) furono mandate nei Balcani per studiare la situazione sul campo. Allo stesso tempo gli alleati rinunciarono all’invasione dei Balcani e invertirono il loro supporto dai cetnici, rei di collaborare con le potenze dell’Asse, ai partigiani comunisti di Tito. Alla Conferenza di Teheran del 1943 e a quella di Jalta del 1945 Churchill e Stalin decisero di dividersi a metà la sfera d’influenza sui Balcani. Il 16 giugno 1944 fu firmato sull’isola di Vis (Lissa) in Croazia l’accordo tra Tito e il governo monarchico in esilio, noti come Accordi Tito-Šubašić o “Accordo di Lissa” (viški sporazum). Il documento chiamava tutti gli sloveni, i serbi e i croati ad aderire alla lotta partigiana. I partigiani furono riconosciuti dal governo reale come l’Esercito regolare della Jugoslavia. Mihailović e molti cetnici rifiutarono. Su pressione di Churchill, finalmente in possesso di informazioni più esatte trasmessegli dal Deakin – col quale s’incontrò ad Alessandria d’Egitto – il 29 agosto, re Pietro II destituì Draža Mihailović da comandante in capo del JVUO e il 12 settembre mise Tito al suo posto.

 

6 Dicembre, 2013 - Nessun Commento

LA SFIDA DI COSMO E MARCELLA
L’Hotel Fiorelle compie 50 anni

Nella dichiarazione introduttiva di questo blog è espressamente scritto che esso non è disposto ad accogliere pubblicità commerciale. Quello che segue, perciò, è solo un atto di amicizia e un ricordo doveroso per persone che hanno prodotto nella provincia di Latina.

Il riferimento è a Cosmo Di Mille e alla consorte Signora Marcella Nicolussi, che festeggiano il mezzo secolo di apertura e splendida gestione di un albergo sulla Riviera di Ulisse, lungo la spiaggia della fatata Sperlonga, il Park Hotel Fiorelle. Non siamo noi a riconoscere quelle virtù professionali, ma i numerosi Ospiti che ogni anni vengono da tutta Europa, con un particolare riguardo dalla Germania: segno che al Park Hotel si trovano bene. A Cosmo Di Mille e a Marcella Nicolussi, conosciuti quando anch’io lavoravo nel campo del turismo, ma dalla sponda dei “controllori-promotori” (parlo dell’ormai soppresso EPT/Apt, ritenuto da qualcuno ente inutile), un sentito ringraziamento per quello che hanno fatto per la Provincia di Latina e per Sperlonga, e un augurio di ancora lunga, lunghissima attività.

 

5 Dicembre, 2013 - Nessun Commento

CROLLA UN TRATTO DI MURO
DELL’HORTUS CONCLUSUS DI NINFA

Un tratto dell’antico muro perimetrale del cinquecentesco Hortus conclusus di Ninfa è crollato nella notte di martedì. L’ultimo restauro risaliva agli anni Venti e fu compiuto da Gelasio Caetani. Non si sono, fortunatamente, registrati danni a persone o ad altre cose, ma il crollo è un sintomo del problema che riguarda alcuni aspetti della città medievale di Ninfa, da troppo tempo priva di interventi di restauro e manutenzione a causa della mancanza di fondi adeguati ad eseguire interventi di restauro e consolidamento. La Fondazione Roffredo Caetani, proprietaria del sito, sta in questi giorni concludendo un accordo con La Sapienza – Università di Roma, Dipartimento di urbanistica storica al fine di eseguire un rilievo completo di tutte le costruzioni (circa 300 resti di case medievali e 7 chiese, oltre alle mura e torri di difesa) che formano lo straordinario compendio visitato ogni anno da 50 mila persone. E’ chiaro che l’idea di accostare questo crollo nella “Pompei medievale”, come Ferdinando Gregorovius ebbe a chiamare Ninfa, e la Pompei campana è fin troppo scontato. C’è da augurarsi che esso possa costituire non solo un allarme ma una mobilitazione per attivare gli uomini (e gli enti) di buona volontà a guardare alla salvaguardia di questa preziosa reliquia di un nostro glorioso passato. Il crollo è da addebitare, almeno come prima constatazione, alle forti precipitazioni e al vento dei giorni scorsi.