10 Novembre, 2016 - Nessun Commento

EROSIONE MARINA
50 ANNI FA ESPLODEVA IL FENOMENO

(foto di proprietà di Pier Giacomo Sottoriva)

(foto di proprietà di Pier Giacomo Sottoriva)

Cinquant’anni fa non fu solo disastro a Firenze. Ai primi di novembre del 1966, tra il 4 e il 6, è iniziata anche la tragedia della erosione delle spiagge della provincia di Latina. L’erosione si manifestò in tutta la sua potenza distruttiva nel giro di poche ore di forte mareggiata, accompagnata da un mare grosso già dotato di per sé di forza divoratrice. Per la verità non era una novità in assoluto. Ai primi anni Sessanta, infatti, il fenomeno era già stato evidenziato, sia pure in modo scientifico ma non ancora nelle proporzioni che siamo stati costretti a conoscere dagli anni Settanta e fino ad oggi. Il professor Arturo Bianchini, emerito studioso del paesaggio pontino e medaglia d’0ro della Cultura del Ministero della Pubblica Istruzione, in un suo saggio pubblicato su “Economia Pontina”, rivista della Camera di Commercio, metteva in evidenzia i risultati di alcune sue rilevazioni sul livello del lago di Paola a Sabaudia. Lo studioso osservò che in un anno il livello interno del lago si era innalzato di alcuni centimetri come evidenziavano i marker che aveva collocato sulla duna interna. Il mare avanzava, innalzandosi nel lago per effetto del sistema dei vasi comunicanti, e “mangiava” la spiaggia e si avvicinava alla duna.

Il saggio sembrò essere solo il “divertimento” di uno studioso, destinato a restare una curiosità più che un fenomeno devastante. Esso lo divenne ai primi di novembre del 1966, e a pagarne le spese furono in particolare due località della costa pontina: il litorale del Circeo, nel punto in cui esso era fiancheggiato dal Viale Europa; e la spiaggia di Terracina. Viale Europa fu spazzato via in una nottata e il mare, dopo essere avanzato di non meno di 30-50 metri verso l’interno, aveva distrutto l’arteria e si era avvicinato pericolosamente alle ville che erano nate quasi sui bordi. A Terracina, invece, la spiaggia sparì come d’incanto e alcuni dei più antichi stabilimenti balneari vennero spazzati via. Sarebbero occorsi una ventina di anni prima di ricostruire una situazione di relativo equilibrio su nuovi allineamenti della battigia. Ma si trattava, appunto, di equilibri precari, perché il mare continuò ad avanzare e a spazzare anche la spiaggia tra San Felice Circeo e Terracina, avanzando profondamente, anche a causa della dissennata politica di tolleranza urbanistica che aveva portato alla cancellazione della duna su quel litorale e all’insediamento di abitazioni e di cantieri, alcuni dei quali fortunatamente distrutti dalle onde; altri sopravvissuti persino alla legge sulla tutela delle coste, varata dalla Regione Lazio ma spesso ignorata completamente dai Comuni a causa della loro acquisita competenza in materia di sanatoria.

Oggi la situazione resta in precario equilibrio, ma senza più una unica linea di comportamenti: basta guardare quello che si fa nel nord Lazio, sulla spiaggia di Roma e nell’area pontina. Ognuno opera perseguendo una presunta competenza tecnica che il mare si incarica di annientare. Quanto durerà il nostro turismo balneare?

10 Ottobre, 2016 - Nessun Commento

LATINA UNA CITTA’ DEMOLITA

cassonetto-spazzatura-in-strada-635x476LATINA – Latina, seconda città del Lazio dopo Roma, segue della Capitale le sorti di abbandono e desolazione. Conseguenza di anni di distrazioni amministrative. Gli amministratori, cioè, si sono distratti e invece di assicurare la manutenzione minima di una città ancora viva e vitale, malgrado tutto, hanno pensato ai fatti loro. Soprattutto ai fatti urbanistici, nei quali hanno fatto registrare inchieste penali, sequestri, denunce, e infine l’annullamento di tutti i Piani particolareggiati. Latina, come quasi tutte le città d’Italia, è sempre stata in mano ai costruttori,. che ne hanno determinati gli indirizzi. Ma quanto sta accadendo da qualche decennio a questa parte ha superato tutti i peggiori timori. E una classe benemerita di imprenditori è diventata, a causa di alcune “pecore nere” sinonimo di imbrogli, di violenze, di interessi privati prevalenti su quelli pubblici. Ovviamente a questo so può arrivare puntando sulla collaborazione di chi gestisce il potere, ossia i politici e, per effetto della bipolarità dei poteri nella pubblica amministrazione, anche di chi trasforma le idee e gli indirizzi in atti e provvedimenti amministrativi. Non è una storia recente, ma in questa associazione di interessati, ha finito per entrare indirettamente anche la classe dei professionisti che si occupano di progettare e di fornire idee progettuali sul migliore assetto della città. A memoria di cittadino non si ricorda una sola iniziativa assunta dagli Ordini professionali di fare una disamina di storia e cronaca della vicenda urbanistica cittadina. Tutti professionisti impeccabili quando usano fantasia figurativa, tutti assenti quando si deve esaminare l’oggettività della storia, e magari fare anche qualche critica e qualche mea culpa.

Al termine di questo percorso c’è una città che, trovandosi in pianura, avrebbe potuto essere costruita con soluzioni intelligenti e di buon gusto e che invece è una accozzaglia di palazzi, casette, villette, pezzi di terreno che sono deposito di immondizia fino a quando non interessano, e che improvvisamente diventano una fioritura di edifici. Non si dice, quindi, che i costruttori non debbano costruire, ma che debbono costruire bene e ubbidendo alle regole e applicandole. E gli amministratori hanno il dovere di far pagare gli oneri di urbanizzazione, di essere trasparenti nell’assegnare le cubature o l’edificabilità dei luoghi, e, dopo le costruzioni debbono garantire la manutenzione della città; strade, marciapiedi, scoline, servizi. Quello che a Latina sembra scomparso. I nuovi amministratori hanno ereditato un cumulo di macerie ed ora vengono chiamati a risponderne, per la severa ed ingiusta legge del fare di tutta un’erba un fascio, Ma i cittadini, specialmente quelli che non vivono nei quartieri “eleganti” e che sono appena periferici rispetto al nucleo urbano centrale, debbono accontentarsi di marciapiedi tirati su con l’asfalto, anziché con la pietra bianca; di cassonetti che non vengono ripuliti da almeno dieci anni e che emanano fetore; di strade costruite approssimativamente e che si sfacelano; di lampioni uno diverso dall’altro e che non danno illuminazione; di cani che, malgrado un’ordinanza sindacale, defecano sui marciapiedi sotto lo sguardo compiaciuto dei loro proprietari, che non si preoccupano di raccogliere le feci, così come il Comune non istalla i cassonetti porta-feci che ormai stanno in ogni parte d’Italia. E per le strade non vedrete quasi nessuno degli oltre cento Vigili Urbani che formano il corpo municipale, Tutti seduti dietro le scrivanie.cani

Signor Sindaco Damiano Coletta, lei ha avuto il coraggio o commesso l’imprudenza di aspirare a fare “riappropriare” la città dai suoi cittadini, e sta constatando quanto sia difficile ricostruire una città distrutta ed espropriata, specie con tutti gli ostacoli e i sabotaggio di cui la sua strada è cosparsa. Ma non demorda, vada avanti, con tutto il coraggio che Ella ha dimostrato di avere non continuando a vivere di rendita sociale nel suo posto di stimato primario di Ospedale, così come hanno fatto i Suoi collaboratori. Non demorda e non si deprima: non si fa tutto insieme. Cominciamo a restituire a tutti i cittadini dei marciapiedi praticabili e il gusto di vivere in una città che la retorica definisce ancora “nuova”, mentre è vecchissima, quasi in sfacelo.

 

 

 

 

3 Ottobre, 2016 - Nessun Commento

FELICE TONETTI UN PODESTA’
CHE FORMIA NON HA DIMENTICATO

 

foto-depocaFelice Tonetti, giornalista sportivo e podestà di Formia dal maggio 1927 all’aprile 1936, fu un personaggio positivo nella storia dell’età fascista, tanto che a lui – caso pressoché unico, è stata dedicata nel dopoguerra la strada che porta dalle prossimità del Ponte di Rialto a via Caposele. La sua è la storia, abbastanza curiosa, di un non-formiano che diventa formiano per amore  (oltre che per decisione di chi lo nominò podestà), che apparve in maniera piuttosto casuale sulla strada di Formia e che alla città si legò a lungo, e, per quanto si può dedurre dalla documentazione ed anche dalla memoria, anche positivamente. Eppure, forse a causa della guerra che distrusse la memoria dell’immediato e costrinse la gente a dedicarsi a problemi più cogenti di quelli legati alle ricostruzioni storiche, malgrado il suo novennio di gestione amministrativa della Città non sono molte le notizie che lo riguardano, inclusa la sua scomparsa dalla scena del mondo, dopo l’abbandono della politica. In effetti, anche nel tentativo che feci nel libro che coordinai alla fine degli anni Novanta del Novecento e che fu pubblicato nel 2001 con il titolo “Formia in età contemporanea. Dall’Unità d’Italia agli anni Cinquanta” ebbi a scrivere di non aver trovato su di lui grandi notizie. Anche per la ragione che Tonetti non tornò più a Formia e risiedette fino alla morte nella sua Roma. Un amico mi segnalò successivamente un articolo apparso sul quotidiano piemontese La Stampa di martedì 4 luglio 1939, nel quale si annunciava “La morte a Roma di Felice Tonetti giornalista e sportivo“.  Aveva avuto la sfortuna di essere investito da un’auto riportando gravi ferite che lo condussero alla morte. Ecco come La Stampa segnalò la sua figura.

 

“La sua scomparsa ha destato il più vivo compianto negli ambienti giornalistici e sportivi romani nei quali il Tonetti godeva larga stima e cordiale simpatia. Redattore per lunghi anni de Il Giornale d’Italia, fu tra le più caratteristiche figure di Roma. Vi fu un tempo che (sic) non c’erano personaggi illustri nelle lettere e nelle arti che egli non avesse avvicinato. Appassionato sportivo fu fondatore e primo presidente dell’Audace C.S.; per le speciali attitudini della sua fibra fortissima. fu portato all’atletica pesante e presto eccelse tra i migliori dilettanti sollevatori di pesi e nella lotta greco-romana. La superiorità della scuola e l’energia fenomenale, unite con una intelligenza cospicua, lo portarono a trionfare nella categoria dei pesi massimi in una qualificazione nazionale indetta per partecipare alle Olimpiadi di Atene nel 1906 e sarebbe rimasto vittorioso se non si fosse trovato di fronte ad un altro campione italiano, Elia Pampari, che lo batté divenendo poi un asso internazionale dello sport del tappeto. Felice Tonetti fu vice presidente del CONI nel biennio 21-22 e segretario generale dal 25 al 27. Il fascismo lo trovò fedele gregario  ed essendo egli uscito dal giornalismo militante, lo destinò podestà di Formia poi commissario al Comune di Castellammare di Stabia e quindi a dirigere la “primavera siciliana” . La scelta di Formia fu motivata anche dalla conoscenza che dell’ambiente aveva maturato Tonetti durante alcuni suoi viaggi in Città, che lo avevano portato a conoscere suoi esponenti e ad apprezzarne il cima e la qualità della vita dell’epoca.

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