20 Aprile, 2019 - 2 Commenti

LA SCOMPARSA DI ANNIBALE FOLCHI
HA SCRITTO LA STORIA DI 50 ANNI IN PROVINCIA

folchiNessuno di noi che gli siamo stati colleghi per tanti anni, lavorando per Il Messaggero, dalla redazione di Latina, avrebbe voluto scrivere il suo necrologio. Perché Annibale Folchi ci ha lasciati improvvisamente, al termine di una breve malattia che lo aveva costretto al ricovero all’Ospedale di Latina, dove si è spento nella notte tra il Venerdì e il Sabato santi.

Non aveva voluto far sapere a nessuno del suo malessere, secondo la sua grande discrezione, il suo star sempre dietro le quinte, pur esponendosi senza timori quando era il caso, con la sua firma che imponeva rispetto, perché ciò che scriveva era sempre documentato.

Funzionario dell’Ufficio per i Contributi Unificati di Latina, di origini molisane, Annibale appena aveva lasciato il lavoro per la pensione si era dedicato al giornalismo e lo aveva fatto con grande professionalità e con una scrittura facile a comprendersi ed elegante nello stesso tempo. Poi era stato colto dal desiderio di esplorare gli archivi storici ed aveva iniziato un’altra vita, dedicata interamente alla scrittura di libri. Ne ha lasciati numerosi, io non riesco a contarli ora. Compongono un arioso racconto del primo mezzo secolo del Novecento in terra pontina. Quattromila cinquecento pagine, ha dichiarato lui stesso al collega Gianfranco Compagno, direttore del Giornale del Lazio, che gli ha dedicato qualche mese fa un racconto biografico. Annibale ha trascorso centinaia di ore soprattutto all’Archivio di Stato di Latina e all’Archivio Centrale dello Stato di Roma, ma ha frequentato tutti gli archivi storici che potevano essergli utili per le sue ricerche sul fascismo in Terra Pontina e per la storia dei vari aspetti della bonifica. Il suo racconto ha agevolato tutti i ricercatori di storia, perché vi sono citati puntigliosamente e professionalmente tutti i documenti dai quali egli ha tratto le notizie utilizzate per ricostruire quel primo cinquantennio del secolo scorso.

Sono rispettosamente sincero se dico che, pur nell’ammirazione e un po’ anche per l’invidia per quel suo gigantesco impegno, non sempre mi sono trovato d’accordo nell’interpretazione di alcune vicende, ed è stato quando Annibale ha voluto rinunciare alla sua natura di oggettivo narratore e ha voluto affidarsi ad ipotesi che ha affacciato con la convinzione di chi ha molto letto. Questo lo dico perché questo necrologio non appaia forzato dalla vicinanza di lavoro e per la comune simpatia per la ricerca. Annibale è stato davvero una persona che ha saputo dare qualcosa di importante alla storia della nostra provincia settentrionale e di Latina in particolare, pur mantenendo sempre un profilo basso, di modestia e di raccoglimento, a differenza di altri che, pur non conoscendo le fonti come lui aveva imparato a conoscerle, non hanno difettato in presunzione e nel dire stupidaggini e banalità.

Nato a Fossalto (Camopobasso) era venuto a Latina nel 1956, Qui si era sposato ed aveva avuto cinque figli, che gli hanno dato dieci nipoti, e ai quali riservava parimenti severità di educazione e tranquilla felicità per la loro riuscita professionale. Lo si vedeva tranquillo e pacioso, sempre con l’amata moglie Gabriella, passeggiare sereno o frequentare le rare occasioni che sceglieva per vedere la gente che amava lo stesso suo lavoro. Aveva comprato una piccola casa nella campagna collinare di Maenza dove, come Coriolano, amava rifugiarsi per godere del silenzio, del verde e del fresco di quel gradevolissimo ambiente. E’ scomparso all’età di 90 anni, 91 a ottobre, per un acciacco, ma la Famiglia e la Città che era diventata la sua Città, Latina, gli sono grati per tutto quello che ha lasciato. E quando un Uomo si fa ricordare nel bene, ha ben vissuto.

Caro Annibale, ti ricorderemo.

 

 

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