11 Gennaio, 2019 - 1 Commento

OSSERVAZIONI NEL PORTO CAPOSELE A FORMIA
di Salvatore Ciccone

 

di Salvatore Ciccone

Garitta restauratacicconeIn queste pagine (16 dicembre 2017 e 30 marzo 2018) ho scritto del porto omonimo e connesso alla villa Caposele (oggi Rubino) in merito alla ‘garitta’ per il riparo della sentinella, costruita dopo che nel 1852 la residenza venne acquistata da re Ferdinando II di Borbone. Alla mia segnalazione dell’imminente crollo del piccolo edificio, che avrebbe comportato la perdita di un elemento caratterizzante dell’approdo se non anche l’incolumità dei frequentatori, fecero seguito lavori di restauro determinati principalmente dai motivi di pubblica incolumità ed eseguiti dal gestore della banchina. Qui voglio evidenziare la conclusione dei lavori, che hanno conservato una memoria storica distintiva del sito e constatare il risultato del restauro atteso da più di vent’anni: eseguito per tempo infatti, si sarebbe potuto evitare un più complesso e costoso lavoro e anche il rifacimento di parte dell’elegante modanatura lapidea del poggiolo circolare, a causa della sottrazione furtiva di due settori. In ogni caso, sia pure con qualche incertezza filologica, reintegrate le ormai minime parti superstiti della muratura di mattoni, resta salvaguardato della garitta il valore di costituente visuale del sito.

Proprio sull’aspetto del porto ho divulgato in diverse occasioni e voglio far osservare in questa, come il progetto borbonico di riadattamento avesse usato interessanti accorgimenti per rendere immagini scenografiche. Sul muro di confine della villa che dà sulla banchina, si apre un largo cancello con bei pilastri di pietra modanata (anch’esso nel degrado) che marcano l’accesso principale sull’imbarcadero. La sua posizione decentrata nel muro si chiarisce in funzione alle “grotte” poste come fondale sull’opposto lato del porto con le quali collima l’asse mediano. Di quelle, locali di deposito e di sostegno della parte residenziale della villa romana, era crollato gran parte del portico anteriore e del tutto erosa dal mare l’alta banchina prospiciente. Perciò la loro altezza alle fondazioni fu equiparata al piano del nuovo lungomare, con sei arcate campite in fittizio opus reticulatum e contornate con pietra intagliata, nei cantoni anche alternata a laterizi; fece angolo sul lato monte un corpo di fabbrica similmente rifinito, contenente una scala elicoidale già protetta da un chiosco di ferro, accesso al piano superiore adattato a belvedere. Altri tre fornici di pari stile sono invece artefatti, posti nel muro di contenimento retrostante la rotonda nel mezzo del porto, ma rispetto a questa inspiegabilmente sfalsati di circa tre metri dall’asse mediano e in più con archi ellittici; l’incongrua posizione e spezzoni di muratura antica franati all’interno, hanno ingannato finanche illustri archeologi.

La situazione indirizza ad un espediente visuale del quale si individua il punto di osservazione da  medesimo cancello dell’imbarcadero: da qui infatti, le tre arcate viste di scorcio appaiono in asse alla rotonda e con le curve migliorate, come la stessa rotonda che in realtà ha pianta semi-ellittica. Si tratta dunque di un effetto di ‘anamorfosi’, dove cioè l’immagine voluta si realizza da uno specifico punto di vista, in questo caso per correggere la deformazione prospettica altrimenti generata da una ‘normale’ composizione architettonica. Con l’osservazione diretta e l’analisi del sito secondo i principi dell’architettura, si scoprono i requisiti del progetto ottocentesco improntato al disegno di scenari volti a connotare la villa come residenza reale; si è constatato il valore proprio dell’opera d’arte oltre l’abituale apparenza e non surrogabile dai pur importanti documenti d’archivio; reso evidenti le qualità monumentali del porto borbonico che dovrebbero essere considerate nelle attività dell’approdo turistico.

(Nelle foto: la garitta dopo il restauro; il cancello e la visuale ‘anamorfica’ da esso verso destra agli archi sulla rotonda)

1 Commento

  • Bravo, Salvatore e complimenti per il testo molto interessante. Buon lavoro e buona giornata.

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